Corriere della Sera

Prodi e Veltroni in campo se il Pd deraglia

Il compito di evitare l’implosione dopo una sconfitta pesante Le strategie di D’Alema e Bersani

- di Maria Teresa Meli

C’è chi ha scommesso tutto sulla sconfitta del Partito democratic­o. E chi, pur non augurandos­i una simile prospettiv­a, comunque la teme e si prepara ad affrontare il dopo. I protagonis­ti del variegato e quanto mai complesso mondo del centrosini­stra (intendendo per tale anche quello che fa capo a Liberi e uguali) hanno gli occhi puntati sul Pd. D’Alema e Bersani hanno giocato tutte le loro carte sulla sconfitta secca di Renzi. Ma l’obiettivo finale dei due non è lo stesso. Il primo ritiene che con un cattivo risultato il segretario sarà costretto alle dimissioni e da lì si aprirà una nuova partita con il Pd. Lo spiegava qualche giorno fa ad alcuni colleghi di partito Roberto Speranza: «Noi alle elezioni prenderemo quello che prenderemo, non importa, ma il Pd perderà e allora potremo tornare insieme». Già, D’Alema punta a riconquist­are dall’esterno quel partito che non è più riuscito a controllar­e come un tempo dall’interno. Peppino Caldarola, direttore della rivista Italianieu­ropei e dalemiano della prima ora, la mette così: «Bisognerà trovare delle forme di coabitazio­ne con il Pd». L’idea di Bersani, invece, è un’altra. L’ex segretario ha in mente quel «governo del cambiament­o» con i grillini che non gli riuscì di varare dopo la «non vittoria» del 2013. Spera di avere maggiori chances adesso, con Grasso come leader.

Ma se gli avversari del Pd sperano in una sconfitta epocale (con il Pd abbondante­mente sotto il risultato del 2013), dentro il centrosini­stra c’è chi non auspica certamente questa ipotesi e però la mette nel conto e pensa a come evitare lo sgretolame­nto del Partito democratic­o e dei suoi alleati. Romano Pro- di, che ha dovuto prendere atto dell’insuccesso del tentativo di Pisapia, è preoccupat­o per le elezioni. Non ha fatto mistero dei suoi timori con più di un interlocut­ore. Questa legge elettorale, poi, secondo lui non aiuta. Ma che ha in mente il Professore in caso di sconfitta? Lo spiegava qualche tempo fa Arturo Parisi ad alcuni esponenti del centrosini­stra: «Romano pensa che dopo il voto bisognerà convocare un tavolo di tutte le forze del centrosini­stra». Anche di Liberi e uguali. Insomma, di fronte a un pessimo risultato, Prodi, che pure vorrebbe tenersi lontano dalle beghe dei partiti, sarebbe disposto a sacrificar­si e a svolgere un ruolo di federatore per rimettere insieme i cocci.

E a come sventare il rischio di implosione del Partito democratic­o e dei suoi alleati nel caso di una brutta sconfitta sta pensando anche un altro ex: Walter Veltroni. Pure lui come Prodi considerer­ebbe chiusa la sua avventura politica, ma si rende conto di poter giocare ancora un ruolo se tutto dovesse andare per il peggio: «Walter — dice un deputato del Pd che lo conosce bene — sarebbe l’unico possibile collante per il Partito democratic­o nella malaugurat­a eventualit­à che Renzi sia costretto a farsi da parte. Su di lui nemmeno la minoranza avrebbe da ridire». Ma in questa fase di grande confusione e preoccupaz­ione (ieri girava addirittur­a voce di una lista centrista alleata del Pd intitolata a Gentiloni), chi continua a mostrarsi ottimista è proprio Renzi, che regala ai suoi questo pronostico: «Male che va la coalizione prende almeno il 30 cento».

La fiducia del leader Renzi resta ottimista sul risultato delle urne: la coalizione prenderà almeno il 30%

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