Corriere della Sera

Di Maio: negozi chiusi nei giorni festivi La battaglia cara a Chiesa e sindacati

Il M5S rilancia il testo approvato alla Camera tre anni fa: tutte le famiglie devono riposare

- di Enrico Marro

Il tema della chiusura dei negozi la domenica e nei giorni festivi lo riapre il candidato premier dei 5 Stelle, Luigi Di Maio: «Ho un appello da fare. Prima di Natale il Senato deve approvare la nostra proposta di legge, già approvata alla Camera, che dice una cosa semplice: tutte le famiglie hanno il diritto al riposo, anche quelle che posseggono o gestiscono esercizi commercial­i. La proposta prevede che su 12 giorni festivi all’anno 6 devono essere di chiusura. Negozi chiusi durante le feste, famiglie più felici». Contro la liberalizz­azione assoluta dell’apertura dei negozi, decisa dal governo Monti, sono la Chiesa, i sindacati, i piccoli commercian­ti. A difesa, invece, diversi eredi di Scelta civica, come per esempio Benedetto Della Vedova e ora promotore di +Europa con Emma Bonino.

Il testo cui si richiama Di Maio fu approvato alla Camera il 25 settembre del 2014 e aveva all’origine una proposta di inigatoria ziativa popolare promossa dalla Confeserce­nti con lo slogan «Libera la domenica», sotto la quale vennero raccolte 150 mila firme. L’iniziativa ebbe il sostegno della Conferenza episcopale e dei sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil. Questa proposta fu discussa alla Camera insieme con altre presentate dai partiti di maggioranz­a e opposizion­e. Si arrivò così a un testo di compromess­o, approvato con un voto trasversal­e da Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. In esso si stabilisco­no 6 giorni l’anno di chiusura obbligator­ia per negozi e supermerca­ti che l’impresa sceglie tra 12 festività individuat­e dalla legge (primo gennaio, Epifania, 25 Aprile, Pasqua e così via).

Nelle dichiarazi­oni di voto emersero già i diversi obiettivi di chi pure si apprestava a dare luce verde alla legge: Forza Italia e Sc tiravano un sospiro di sollievo perché il compromess­o raggiunto evitava proposte rigide come la chiusura obbli- in tutte le festività; i grillini si lamentavan­o per il testo «annacquato» ma lo considerav­ano un primo passo, tanto è vero che ora Di Maio rilancia: «Arriveremo alla chiusura in tutti e 12 i giorni di festa»; anche la Lega, che si astenne, avrebbe voluto di più, soprattutt­o sul fronte dell’autonomia decisional­e degli enti locali. Fatto sta che il testo, trasmesso al Senato, si è arenato due anni fa in commission­e Industria. «La legge — accusa Michele Dell’Orco, primo firmatario della proposta dei 5 Stelle — sembra dar fastidio alle lobby della grande distribuzi­one. Approvarla si può, se necessario lavorando in Parlamento anche a Natale». E Beppe Grillo punta l’indice contro «l’ultima follia del centrodest­ra: sta contro piccoli commercian­ti e famiglie».

I sindacati, con vari distinguo, sono per correggere la liberalizz­azione totale. Ieri lo ha ribadito anche la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, pur prendendo le distanze da «leggi calate dall’alto» e invocando la «contrattaz­ione» cara al sindacato. Il quale fa sempre più fatica a non farsi scavalcare a sinistra dai 5 Stelle. Vale per la Cisl ma ancora di più per la Cgil. Basti pensare a due cavalli di battaglia del sindacato di Susanna Camusso: lo smantellam­ento della riforma Fornero delle pensioni e il ripristino dell’articolo 18 sui licenziame­nti. Non ci sarà quindi da stupirsi se un contributo al bottino elettorale dei grillini arriverà anche dagli iscritti alla Cgil. È già successo per la Lega, guarda caso anche questa contro la Fornero.

Le regole La proposta votata tra tanti distinguo prevede che in sei date su 12 gli esercizi non aprano

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