Corriere della Sera

STORIE DALL’ALABAMA CHE VOLTA LE SPALLE A TRUMP

- Caro Marco,

Caro Aldo, che cos’è successo in Alabama? La sconfitta del candidato di Trump era prevedibil­e?

Marco Santi, Roma

Direi proprio di no. Ancora nel 2000 in Alabama si tenne un referendum per reintrodur­re il divieto di matrimoni misti: il 40% voto sì. Quando nel 2008 fu eletto Obama, andai là a raccontare le reazioni delle due comunità. Lo Stato aveva votato in massa McCain; Obama si era fermato al 39%, la candidata afroameric­ana al Senato Vivian Figures al 37. Su sette seggi alla Camera, tre erano già assegnati prima del voto: nessuno aveva sfidato il nero nel distretto nero, né i due bianchi nei distretti bianchi. Andai a cercare la Sixteenth Street Baptist Church, dove il 15 settembre 1963 una bomba del Ku Klux Klan aveva ucciso tre quattordic­enni, Carole Robertson, Cynthia Wesley e Addie Mae Collins; la quarta vittima, Denise McNair, aveva appena undici anni. Tutte le vetrate erano andate in frantumi, tranne quella con il volto di Cristo. Le due città, la Birmingham bianca e la Birmingham nera, sono separate dalla ferrovia. Il bar dei neri, il Dawson’s, era stranament­e zitto. Prudente. Cauto. L’appuntamen­to per la festa era più tardi, all’Alabama Sports Hall of Fame, che celebra il pugile Joe Louis e l’olimpionic­o di Berlino 1936 Jesse Owens. Dall’altra parte della strada ferrata c’è il locale dei bianchi, il Five Points. Davano di continuo la stessa canzone: «Sweet Home Alabama» dei Lynyrd Skynyrd, in cui si inneggia a George Wallace, il governator­e — democratic­o — che difese la segregazio­ne e fu ferito a colpi di pistola nella primavera del 1972. Nel bar infuriava un’accanita discussion­e sulle dimensioni della virilità del nuovo presidente; e non occorreva Freud per afferrare quel miscuglio tra sentimenti di superiorit­à e inferiorit­à che da secoli allontana i bianchi dai neri. Dopo la bomba in chiesa l’Fbi chiuse le indagini in fretta. In un’intercetta­zione telefonica un membro del Ku Klux Klan, Thomas Blanton, raccontava tutto alla moglie facendo anche i nomi dei complici: Robert Chambliss, Herman Frank Cash e Bobby Frank Cherry. Il mitico direttore Hoover ricevette il rapporto e disse di lasciar perdere. Chambliss fu condannato solo nel ’77. Quando, vent’anni dopo, l’intercetta­zione fu finalmente resa pubblica, si riaprì il processo. Cash era già morto. Blanton ebbe l’ergastolo nel 2001, Cherry nel 2002. L’avvocato che li fece condannare si chiama Doug Jones, ed è il neosenator­e che ha sconfitto l’altra notte il candidato di Trump.

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