«Net neutrality», nuova sfida di Trump
Ajit Pai, l’ex lobbista del gigante della telefonia Verizon scelto da Trump per presiedere la Fcc, l’authority federale delle comunicazioni, promette che le nuove regole porteranno più concorrenza e più trasparenza, con vantaggi per tutti. I milioni di americani che fino all’ultimo hanno protestato, nelle piazze e sul web, contro l’abolizione della cosiddetta net neutrality (l’obbligo per i gestori delle «autostrade» digitali di trattare tutti i contenuti in rete allo stesso modo, senza rallentare, velocizzare o escludere un sito o una app) temono, invece, che questa sia la morte di Internet. È più probabile che la decisione presa ieri dalla Federal Communication Commission su base strettamente politica (il voto è finito 3 a 2 coi due commissari repubblicani schierati con Pai e i due democratici fermi nel loro «no»), apra una fase confusa per l’intervento della magistratura che potrebbe impugnare un provvedimento giudicato da molti giuristi non adeguatamente motivato. Quella che inizia è, insomma, una fase più incerta e non priva di rischi per il consumatore che, con le nuove regole, potrebbe trovarsi davanti a società di telecomunicazioni che gli offrono, a pagamento, pacchetti comprendenti solo un ventaglio limitato di accessi ai social media o a canali sportivi o di spettacolo in streaming. Interessante per l’Europa che ha la net neutrality (salvo il Portogallo) vedere cosa accadrà negli Usa: i pessimisti già immaginano gestori che rallentano la trasmissione dei film di Netflix e chiedono all’utente di risolvere il problema abbonandosi a un’altra rete di trasmissione ultraveloce. Ma l’atteggiamento dei giganti del digitale, da Google a Facebook alla stessa Netflix, sempre contrari all’abolizione della net neutrality ma con un atteggiamento divenuto di recente più cauto rispetto al passato, fa immaginare come più probabile uno scenario diverso: i gestori della banda larga non possono fare la guerra alle società della Silicon Valley dalle quali proviene la gran parte dei dati che circolano sulle loro reti. Forse cercheranno di farsi pagare di più: non un gran problema per gruppi primatisti mondiali in materia di profitti. I guai saranno per le nuove start up, prive dei mezzi finanziari per emergere. Non nasceranno nuove Google e nuove Netflix, insomma. Ma forse non sarebbero nate comunque, visto che Internet è da tempo dominato da giganti che assorbono come idrovore tutte le iniziative promettenti.