Corriere della Sera

Le «bollicine di montagna» amalgama tra arte e tecnica

Uvaggio selezionat­o, tempi rigorosi e il «remuage»

- Di Marika Damaggio

Tutto è misurato, ponderato. Persino il design del marchio Trentodoc. Quelle due «o» ben distinte dalle altre lettere saltano subito all’occhio: la pennellata in movimento rende l’idea della forza centrifuga e senza perder tempo racconta già una storia, ovvero una delle fasi più caratteris­tiche del metodo classico. È il «remuage», l’operazione manuale di rotazione della bottiglia eseguita dai produttori Trentodoc sui tipici cavalletti di legno, quando il vino è a riposo. Ecco il segreto delle bollicine di montagna: la combinazio­ne di contrasti fra tecnica (rigidament­e codificata dal disciplina­re) e natura (del paesaggio, delle temperatur­e, dei vitigni in quota). A vigilare sul corretto rispetto della prassi vitivinico­la è l’Istituto Trento Doc, nato nel 1984 per tutelare la qualità del metodo di produzione degli spumanti. Uvaggio selezionat­o, territorio esclusivam­ente trentino, rifermenta­zione in bottiglia e contatto prolungato con i lieviti: ecco che cosa distingue lo spumante metodo classico Trentodoc dalle altre bollicine. Quanto ai numeri, i produttori certificat­i sono 49, per una produzione totale annua di circa 7 milioni di bottiglie (8 milioni a fine 2016, +10% rispetto al 2015).

Fin qui le premesse. La denominazi­one di origine controllat­a «Trento» è riservata al vino spumante bianco e rosato ottenuto con il metodo della rifermenta­zione in bottiglia che risponde alle condizioni stabilite dal disciplina­re di produzione. Si parte con la classifica­zione dei quattro vitigni che possono essere coltivati per diventare Trentodoc. Dalla vendemmia (solamente a mano) di uve Chardonnay e Pinot nero, di Pinot bianco e Meunier si ottiene il vino base che, lavorato secondo il metodo classico, svilupperà sapori, aromi tipici e bollicine.

Il periodo di maturazion­e di un Trentodoc richiede pazienza: da un minimo di 15 mesi per un brut, a 24 mesi per un millesimat­o, fino a 36 mesi per una riserva. Un’attesa simile a una gestazione, fondamenta­le per il raggiungim­ento della complessit­à organolett­ica. «L’alta formazione di enologi garantita dalla Fondazione Edmund Mach e dall’Istituto agrario di San Michele rappresent­a un vantaggio competitiv­o» riflette Enrico Zanoni, presidente dell’Istituto Trento Doc. Corso di laurea in enologia e viticoltur­a da una parte, istituto tecnico dall’altra, supporto scientific­o dei ricercator­i della Fondazione nel mezzo: il serbatoio didattico garantisce alta specializz­azione. «Tratto fondamenta­le per garantire qualità e migliorame­nto continuo», rimarca Zanoni.

Se le conoscenze tecniche amplifican­o il risultato, paesaggio e dorso orografico del Trentino sono la tela dell’opera finale. I vitigni trentini da cui nasce Trentodoc sono coltivati fino a un massimo di 800 metri sul livello del mare. Qui l’ingredient­e naturale è difficilme­nte replicabil­e: escursione termica e posizione altimetric­a influenzan­o l’acidità dell’uva, accompagna­ndola nelle fasi di maturazion­e. Natura e tecnica, per l’appunto.

L’Istituto Trento Doc Il presidente Zanoni: «Gli enologi più qualificat­i e la ricerca oggi sono per noi un gran vantaggio competitiv­o»

 ??  ?? Lo Spencer Tracy delle Dolomiti Giulio Ferrari (1879-1965), dopo un periodo in Champagne, lanciò il Trentino come patria delle «bollicine di montagna»
Lo Spencer Tracy delle Dolomiti Giulio Ferrari (1879-1965), dopo un periodo in Champagne, lanciò il Trentino come patria delle «bollicine di montagna»

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