E vinse su tutto la bottega aretina
«Ma come, mettete in dubbio la mia parola?»: lo stupore di Boschi lascia stupiti. Avrebbe usato le stesse parole se si fosse trattato di un ministro leghista, grillino o berlusconiano?
«Ma come, mettete in dubbio la mia parola?» Lo stupore che Maria Elena Boschi manifesta davanti all’imbarazzo crescente perfino tra i compagni di partito, lascia stupiti. Non solo perché lei stessa ammette oggi, con abissale ritardo, che l’elezione del padre a vicepresidente di Banca Etruria non è arrivata quasi «a sua insaputa» settanta giorni dopo che aveva avuto da Matteo Renzi la poltrona di ministro per le Riforme. Rileggiamo: «Parlando di banche, ho rappresentato a Vegas la possibilità che mio padre diventasse vicepresidente di Banca Etruria. Tutto qui. Sarebbe stato strano il contrario, visto il ruolo di Consob. Era una questione di trasparenza». «Tutto qui?» Se si fosse trattato d’un ministro leghista, grillino o berlusconiano avrebbe usato davvero le stesse parole assolutorie? O si sarebbe piuttosto appellata all’opportunità che, per evitare ogni sospetto velenoso di un conflitto di interessi in questi tempi di populismo e demagogia, uno dei due, il padre o la figlia, rinunciasse all’istante al proprio incarico? Non fu invocata appunto l’opportunità per
Interrogativo Con che squadra giocava la ministra delle Riforme istituzionali? La squadra dell’Italia o della sua bottega aretina?
spingere all’addio Josefa Idem e Maurizio Lupi e Federica Guidi, per citare solo gli ultimi casi? Al di là perfino delle contraddizioni rispetto al discorso tenuto dall’allora ministra alla Camera il 18 dicembre 2015 per difendere il padre in occasione della mozione di sfiducia individuale, però, c’è un secondo dettaglio sugli incontri con Giuseppe Vegas che non era ancora emerso in tutta la sua abbagliante chiarezza. «Abbiamo quindi parlato delle difficoltà in generale del sistema bancario italiano, anche quelle di Banca Etruria», ha rivelato la Boschi in un’intervista a Tommaso Ciriaco, «Mi sono limitata a rappresentare le preoccupazioni mie e del territorio aretino rispetto alla prospettiva di una aggregazione con la Popolare di Vicenza per il futuro del settore orafo». Ma come? Insediandosi come ministro non aveva giurato con la formula di rito? «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». «Interesse esclusivo della Nazione», non di Arezzo, degli orafi aretini e del pascolo elettorale aretino. E gli interessi di Vicenza, degli orafi vicentini e del territorio vicentino? Venivano dopo? A prescindere dal diritto di Arezzo e degli orafi aretini di difendere i «propri» interessi e a prescindere dalla piega che stavano per prendere i destini della Popolare di Vicenza (lo scandalo sarebbe esploso in tutta la sua gravità l’anno dopo) con che squadra giocava Maria Elena Boschi: la squadra dell’Italia o della sua bottega aretina?