Corriere della Sera

Sangue, ferocia: l’ultima fuga

In un’altra sparatoria muoiono due agenti e un allevatore: credevano di trovarsi di fronte a un semplice rapinatore La fuga sull’auto della vittima. Otto mesi fa assassinò un barista e una guardia ecologica in Emilia. Estradizio­ne sospesa

- Di Marco Imarisio

Eccolo l’ultimo rifugio di Igor. Il posto si chiama El Ventorrill­o. E ci sono ancora le chiazze di sangue davanti all’ingresso del Mas del Saso, un casolare abbandonat­o di una storica famiglia di allevatori.

Il posto si chiama El Ventorrill­o, la bettola, e sarebbe anche un bel posto di campagna, se non ci fossero quelle chiazze di sangue, proprio qui davanti all’ingresso del Mas del Saso, un casolare abbandonat­o di proprietà degli Iranzo, una storica famiglia di allevatori e sindacalis­ti della Unìon de Agricoltor­es Y Ganaderos de Aragón. Ce ne sono tre, distanti un paio di metri l’una dall’altra, disposte quasi a triangolo sullo sterrato polveroso di fronte a un rudere sventrato, al quale manca metà del soffitto e una intera parete esterna.

La prima, davanti a una delle due porte della facciata ancora intatta, copre un gradino di pietra e appartiene a José Luis Iranzo, 39 anni, una moglie e un bimbo di pochi anni. Alle 18 di mercoledì era uscito dalla sua casa di Andorra, un paesino di seimila abitanti, del quale era presidente della cooperativ­a locale. Si era fermato ad Alcaniz davanti alla caserma della Guardia Civil e aveva caricato sul suo pick up Triton Mitsubishi gli agenti Víctor Romero Pérez, 30 anni, anche lui appena diventato padre, e Víctor Jesus Caballero Espinosa, 38 anni. Sono due agenti del Roca, la sezione che si occupa dei furti nelle fattorie, soprattutt­o quelli di bestiame. Partono per l’altipiano sopra Teruel, laddove un tempo sorgeva la città mineraria. La bettola doveva essere una specie di posto ristoro, oggi è soltanto una delle poche abitazioni di una pianura brulla e spazzata dal vento, che si distende a perdita d’occhio fino all’orizzonte dominato dal monte Javalambre. La provincia di Teruel è una delle aree più desolate della parte meridional­e dell’Aragona, che già di suo è una delle regioni meno abitate di Spagna.

I tre uomini stanno facendo il solito giro. I gendarmi sono in borghese, armati solo delle loro pistole d’ordinanza nelle fondine. Non sanno, non possono sapere. Nelle due settimane precedenti ci sono state alcune incursioni in fattorie della zona. Non è il solito furto di bestiame per i quali è nato il Roca. Qualcuno entra di notte nelle proprietà altrui e cerca di rubare più cibo che può. Una volta è sparita addirittur­a la ciotola dalla cuccia di un cane. L’animale è stato ammazzato con un colpo di pistola alla testa. Lo scorso 5 dicembre Manuel Andreu, un contadino di settant’anni, si è preso una pallottola in pancia mentre stava armeggiand­o con il fabbro per sistemare la serratura di un suo casale disabitato ad Albalate de Arzobispo, il paese più vicino all’altipiano. Un uomo, «molto alto, dallo sguardo fisso», è uscito da una finestra al pianterren­o. Ha sparato due colpi, ferendo a un braccio anche l’operaio, ed è fuggito a piedi.

I due uomini del Roca non sanno davvero nulla di Norbert Feher detto Ivan il russo, non sanno dei due uomini ammazzati come cani lo scorso aprile, il barista di Budrio Davide Fabbri e la guardia ecologica Valerio Verri. Non sanno di quel mese di surreale caccia all’uomo fatta dai Carabinier­i nella bassa ferrarese, dove la cattura dell’assassino sembrava ogni giorno cosa fatta, peccato a che a sera si trovava sempre qualche casolare caldo, qualche giaciglio di fortuna, e mai lui. Questa invece è una altura ancora più fuori dal mondo, dove alle otto di sera del giorno dopo c’è solo buio e nessuna luce nei dintorni, e si sentono solo cani che abbaiano in lontananza e neppure il rumore di un’auto che passa. Così José Luis Iranzo si avvicina alla porta del rudere accompagna­to dai due agenti. Pare che siano stati ammazzati tutti e tre da colpi sparati dall’interno, a distanza ravvicinat­a, massimo un paio di metri. Erano padri, mariti, esattament­e come le vittime italiane. Quella era la tana del lupo che si era venuto a rifugiare in un altro posto fatto di silenzi e case sparse e crollate, proprio come i dintorni di Portomaggi­ore sette mesi fa. Feher ha scaricato la sua pistola, che secondo fonti investigat­ive italiane potrebbe essere quella usata anche per uccidere Fabbri. Sfila le Beretta dalle cinture dei due gendarmi, sale sul pick up verde di Iranzo. E sparisce, un’altra volta.

Ma l’epilogo è diverso da quello italiano. La zona viene circondata, da Madrid arriva l’equivalent­e delle nostre teste di cuoio. L’assassino resta fermo a lungo, nascosto da qualche parte. In sette ore di fuga percorre infatti soltanto 85 chilometri. Lo catturano alle 2.50 della notte, ed è quasi una operazione di soccorso. Mentre guidava verso sud sulla A-226, la statale che attraversa l’Aragona, all’altezza del paese di Cantavieja esce di strada. Forse ha avuto un colpo di sonno, di certo c’è che nessun altro veicolo è rimasto coinvolto nell’incidente. A due chilometri di distanza lo aspettava un posto di blocco. Gli uomini della Guardia Civil lo trovano intontito, quasi esanime. Sul sedile accanto ci sono le tre pistole. È finita.

La leggenda di Igor il russo non è mai cominciata, né dovrebbe farlo ora. Non c’è epos, nella sua fuga. Appare smagrito e smunto, gli investigat­ori italiani che arriverann­o questa mattina sostengono che avrà perso almeno dieci chili. La sua non è stata vita ma sopravvive­nza, un uomo ridotto allo stato animale che per sfuggire a quel che gli spetta è finito in uno dei luoghi più remoti d’Europa. Lo cercavano a Malaga, a settecento chilometri da qui. Che sia stata solo fortuna pagata a caro prezzo o altro, adesso è nella caserma di Alcaniz, dove resterà fino a domenica mattina, quando lo porteranno in tribunale dove potrebbe essere interrogat­o in videoconfe­renza anche dall’Italia. Ma l’estradizio­ne appare ovviamente difficile, ha ucciso e ferito anche qui. Poco importa. Al suo complice Ivan Pajdek confidò che sarebbe morto piuttosto di tornare in carcere perché quei pochi mesi trascorsi nel penitenzia­rio di Ferrara erano stati l’esperienza peggiore della sua vita. Invece ci rimarrà per sempre. Giusto così.

 ??  ?? I volti Una serie di look diversi di Norbert Feher, nato nel Nord della Serbia: l’uomo utilizzava anche una serie di nomi fasulli. Nella foto grande a sinistra, il killer balcanico dopo essere stato fermato dai poliziotti spagnoli la notte tra giovedì...
I volti Una serie di look diversi di Norbert Feher, nato nel Nord della Serbia: l’uomo utilizzava anche una serie di nomi fasulli. Nella foto grande a sinistra, il killer balcanico dopo essere stato fermato dai poliziotti spagnoli la notte tra giovedì...
 ??  ?? Allerta Presidio armato nelle strade a nord di Valencia, in Spagna, durante la caccia al killer serbo fuggito dall’Italia e che il 14 dicembre ha ucciso tre persone, due agenti e un allevatore
Allerta Presidio armato nelle strade a nord di Valencia, in Spagna, durante la caccia al killer serbo fuggito dall’Italia e che il 14 dicembre ha ucciso tre persone, due agenti e un allevatore
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