WhatsApp a Vienna e il boss di Malaga La rete in Europa del killer fantasma
Un giorno di fine estate un informatore da sempre attendibile si presentò dal suo uomo di riferimento. Aveva una notizia su Igor il russo. O almeno così diede a intendere. «Avete mai controllato i pullman di pellegrini che escono dall’Italia per andare a Lourdes o Medjugorje?» chiese. Era un modo per dire e non dire, come fanno spesso gli informatori: per far sapere che, stando alle sue fonti, l’uomo più ricercato d’Italia se n’era andato dal Paese mescolato ai fedeli diretti da qualche parte oltre confine.
«Perché no? Ci sta», dice un investigatore che sta lavorando su quell’ipotesi. «Che sia davvero andata così o in un altro modo spero che lo sapremo presto, ora che è stato catturato».
L’uomo che si faceva chiamare Igor il russo — che poi non si chiama Igor ma Norbert Feher e non è russo ma serbo — domattina sarà per la prima volta davanti alla giustizia spagnola per l’udienza di convalida del suo arresto. Può darsi che faccia scena muta o magari decide di raccontare nei dettagli la sua vita da fuggitivo. Ma che lui collabori o no ci sono buone chance, adesso, per ricostruire spostamenti, azioni, appoggi di questi otto mesi e mezzo di fuga da Budrio (Bologna) a Teruel, in Spagna. Com’è arrivato laggiù? Qual è stata la rete dei contatti usati per muoversi, vivere alla macchia e comunicare?
La meta spagnola
Fra l’omicidio del barista Davide Fabbri a Budrio e quello della guardia ecologica Valerio Verri a Portomaggiore (Ferrara), il pubblico ministero Marco Forte è andato in carcere a interrogare Ivan Pajdek, croato ed ex complice di Igor in vecchie rapine nel Ferrarese. Il detenuto arriva al colloquio e attacca: «Se vi scappa cercatelo in Spagna, è lì che ha sempre detto di voler andare».
In effetti la Spagna è emersa moltissime volte nella rete dei suoi contatti più frequenti, vecchi e recenti. Erano di Valencia le due ragazze alle quali scriveva dal carcere nei suoi otto anni di detenzione per rapina. Viveva in Spagna una terza ragazza, cubana, che era un altro dei suoi punti di riferimento. Nel 2016 postava su Facebook fotografie proprio da Valencia. E poi Madrid: un mese fa un ragazzo lo segnalò nei pressi dell’aeroporto al gruppo «Amici di Davide Fabbri».
Ma nelle ricostruzioni fatte fin qui dalla Procura di Bologna (diretta da Giuseppe Amato) e dai carabinieri del Ros e del Nucleo operativo c’è un contatto più recente e più importante: un grosso trafficante di droga che vive a Malaga e fa la spola fra l’Italia e la Spagna. A portare gli inquirenti da lui è stato un uomo, italiano, che ha condiviso la cella con Igor e che nei mesi scorsi, dopo aver raccontato le prodezze da Rambo dell’amico serbo, è improvvisamente sparito. Destinazione Malaga, appunto. La droga, però, non è mai stata nei piani criminali del serbo e anche qui la chiave di lettura arriva dagli informatori: l’uomo di Malaga, raccontano, si è sempre servito di guardaspalle serbi, proprio gente come Igor.
Gli amici austriaci
L’Austria è un altro dei Paesi in cui vivono diverse persone sulle quali Igor ha potuto contare. Soprattutto un tizio che, come lui, è nato e cresciuto a Subotica, in Serbia.
Gli inquirenti sono convinti che in questi mesi di latitanza Igor abbia comunque fatto arrivare messaggi alla sua famiglia e ai suoi amici serbi usando come canale alcuni intermediari. E le indagini avrebbero individuato il meccanismo. Che sarebbe questo: dalla zona di Vienna qualcuno mandava messaggi via WhatsApp a una persona serba che fa parte della cerchia di conoscenti/parenti/amici di Igor. Avuto il messaggio, il ricevente si metteva in viaggio (su un pullman) in direzione dell’Austria e lì si incontrava con il presunto intermediario che, appunto, è anche lui di Subotica. La spola Serbia-Austria si è ripetuta più volte, sempre con queste modalità.
Anche in Ungheria risulterebbe una rete di contatti riconducibili a Igor e ai suoi parenti in Serbia, ma per quel Paese era pronta e non ancora avviata la rogatoria internazionale. Sono in corso da mesi, invece, attività di indagine e collaborazione con Spagna, Serbia, Austria e Francia.
I falsari di documenti
Sul versante francese le tracce seminate da Igor o dalla sua rete di contatti portano a un gruppo di falsificatori di documenti, gente che creava passaporti fasulli e che in passato ha avuto per questo condanne pesanti. Uno di loro è ancora oggi in carcere.
In tutt’Europa, durante la gigantesca caccia all’assassino serbo, sono state fra 500 e 600 le persone controllate, intercettate, perquisite, pedinate, sentite a verbale. Una squadra di carabinieri era da mesi fissa in Spagna.
La pista era quella buona, adesso è una certezza. «I dadi sono lanciati, vediamo cosa esce» disse il pm Forte a inizio inchiesta. I dadi adesso sono fermi.