Delpini e il processo a don Galli: «Piena collaborazione»
Milano, il sacerdote accusato di abusi sessuali su un 15enne. La Curia: vicenda che suscita sofferenza
Dopo molte false partenze si è di fatto aperto, martedì scorso, il processo a carico di don Mauro Galli, prete accusato di violenza sessuale ai danni di un quindicenne. Il dibattimento è stato nuovamente aggiornato al marzo 2018, ma come ogni precedente udienza consumata da questioni procedurali, anche questa volta il passaggio in tribunale della vicenda è stata occasione per allusioni e sospetti che puntano dritto al vertice della chiesa ambrosiana di quel periodo e, in particolare, all’attuale arcivescovo Mario Delpini — da settembre successore del cardinale Angelo Scola e in precedenza vicario generale — e all’attuale vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada. Al punto da suscitare, ieri, una replica della Curia.
I fatti sono ambientati a Rozzano, popoloso Comune dell’hinterland Sud di Milano, e risalgono al dicembre 2011, quando don Galli ospita, il ragazzino a dormire per una notte a casa propria. Successivamente salta fuori che il prete ha diviso con il quindicenne il suo letto a due piazze. Dal primo racconto non emerge alcun abuso — sottolinea oggi l’arcidiocesi — ma quello del sacerdote viene subito considerato un atteggiamento «gravemente imprudente» e per questo don Mauro «viene anzitutto affidato a un psicologo» e, nel marzo 2012, trasferito in via «cautelativa» a Legnano dall’allora vicario generale monsignor Carlo Redaelli.
Seguiranno altri trasferimenti e indagini da parte dei vertici ecclesiastici, fino alla sospensione dal ministero sacerdotale «e da ogni attività pastorale» del maggio 2015. Anche perché nel frattempo — nel luglio 2014 — arriva la denuncia per abusi sessuali da parte della famiglia del ragazzo. E da quel momento iniziano anche le accuse alla chiesa di aver «coperto» il caso, mosse soprattutto attraverso il sito Internet dell’«Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero». L’arcidiocesi sapeva, è in sostanza la tesi, ma avrebbe cercato di insabbiare attraverso trasferimenti che inizialmente avrebbero comunque lasciato don Mauro a contatto con i ragazzi.
Con l’apertura del dibattimento questa stessa tesi è stata ripresa, ieri, dal quotidiano Il Giornale, e a quel punto è arrivata la replica dell’arcidiocesi di Milano che, oltre a ribadire la piena collaborazione alle indagini, sottolinea di non essere coinvolta nel processo penale e di non essere più nemmeno responsabile civile, dopo revoca della costituzione di parte civile da parte del ragazzo. E, «nel dolore e nella sofferenza che questa vicenda continua a suscitare», la Curia ricorda anche di non aver «mai intrapreso azioni risarcitorie».
Il dibattimento ripartirà a marzo. Probabilmente con il suo strascico velenoso.