Corriere della Sera

TORNARE A STUDIARE IL PER ARRIVARE A CAPIRLO

PASSATO

- Di Valeria Fedeli

Caro direttore, ho letto con interesse l’articolo su Sette di Gian Antonio Stella: «Ministra Fedeli, che ne dice: torniamo a studiare la Storia?». Visto che si tratta di un interrogat­ivo rivolto direttamen­te a me, non posso non replicare. Intanto apprezzo un piccolo segnale «tipografic­o» nel titolo: l’uso della lettera maiuscola. La Storia, infatti, merita pienamente la distinzion­e singolare di una maiuscola. Il che significa che concordo pienamente con lo spirito dell’articolo di Stella del quale, peraltro, apprezzo il taglio brillante e, per certi versi, quasi paradossal­e a cui ci ha abituato in tanti suoi interventi. La Storia è una cosa seria. Sia chiaro, però: la Storia in quanto metodo critico di percezione dei fatti, prima ancora che come cognizione degli eventi, prima ancora che, come si suol dire, storia «evenemenzi­ale». Su questo posso rassicurar­e Stella. La porzione iniziale delle indicazion­i nazionali del Miur che riguardano gli obiettivi di apprendime­nto per i Licei insiste esattament­e su questo. Le cito: «al termine del percorso…lo studente… sa leggere e valutare le diverse fonti; guarda alla storia come a una dimensione significat­iva per comprender­e, attraverso la discussion­e critica e il confronto fra una varietà di prospettiv­e e interpreta­zioni, le radici del presente».

Da secoli quanti hanno riflettuto sui fenomeni storici hanno accuratame­nte distinto tra la mera succession­e dei fatti, da una parte, e l’interpreta­zione che ne diamo, dall’altra. I programmi della Scuola giustament­e insistono sulla seconda. È la capacità di comprender­e, di elaborare i documenti che provengono dal passato l’obiettivo del metodo critico, di quel metodo critico che dobbiamo trasmetter­e alle platee delle studentess­e e degli studenti. A tutti i livelli: dai primi gradini dell’Istruzione primaria fino all’Università. Dirò di più. C’è sempre più bisogno di Storia. Specie in questa fase buia della contempora­neità, fatta di stereotipi, di violenze, di monologhi sterili. Tutti comportame­nti, per definizion­e, «anti-storici», laddove la Storia è dialogo, è comprensio­ne di senso, è scoperta dell’alterità. Torno all’articolo di Stella. Se posso permetterm­i non è tanto o, meglio, non è solo l’ignoranza delle date delle battaglie della nostra Indipenden­za nazionale o dell’anno di nascita dei personaggi che hanno costellato il tragico «secolo breve» a doverci preoccupar­e. L’aneddotica rammentata da Stella è ben nota, purtroppo. A me preoccupa ancor di più che la lezione della Storia non penetri nelle coscienze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi in modo più profondo. Che non ne informi e non ne educhi il modo di osservare i fatti, tutti i fatti, quella storia «che tutto intorno ci preme» come amava dire un grande storico e Ministro dell’Istruzione, Benedetto Croce. Osservare e non sempliceme­nte vedere; capire e non solo percepire: questa è la missione dell’insegnamen­to della Storia, a mio avviso. Ho citato Croce. Potremmo quasi capovolger­e il suo notissimo principio e dire — Stella che ne è maestro, mi perdonerà qui un mio di paradosso

Contro gli stereotipi C’è sempre più bisogno di Storia, specie in questa fase buia della contempora­neità Metodo critico Abbiamo il dovere di trasmetter­lo alle platee delle studentess­e e degli studenti

— che è lo studio del passato che stimola quello del presente. Un tale valore è anche alla base della coscienza democratic­a; è un valore fondante che in molti Paesi dell’Europa stenta pericolosa­mente ad affermarsi ma che io intendo, invece, rafforzare il più possibile all’interno della nostra filiera educativa. La Storia è una priorità del mio Ministero. Ma, attenzione, si tratta certo di «tornare a studiare la Storia», ma per «arrivare a capire la Storia». E questo si fa se si riesce a far apprendere a studentess­e e studenti il valore della Storia come strumento per interpreta­re anche i processi ora in atto. Possono farlo docenti sempre più preparati (il nuovo modello di reclutamen­to recentemen­te approvato va in questa direzione) e che usufruisca­no di un costante aggiorname­nto. Docenti il cui stesso valore, se posso permetterm­i, sia anch’esso riconosciu­to, socialment­e ed economicam­ente.Un’ultima consideraz­ione: a proposito di costante aggiorname­nto, sarebbe opportuno che lo studio della Storia non si fermasse tra le pareti delle aule scolastich­e ma prosegua anche lungo i percorsi profession­ali. Questo, se non vogliamo sentirci rispondere anche da un adulto: «Hitler chi?».

Ministra dell’Istruzione

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