Corriere della Sera

Gli uomini ritoccati

Ormai in Italia lo fa l’8-10 per cento della popolazion­e maschile, ma la percentual­e sta salendo rapidament­e. Tra ossessione per i capelli e sdoganamen­to della depilazion­e

- di Maria Teresa Veneziani

George Clooney ha ammesso pubblicame­nte di aver fatto qualche ritocco per non cedere al tempo. Alla mostra del cinema di Venezia si erano visti i risultati da vicino: si è presentato con il volto rinfrescat­o, che un po’ segnava la differenza con il collo, altra cartina di tornasole dell’età, problema per il quale il divo avrà pensato che può ancora aspettare, confortato dalle centinaia di fan incuranti del dettaglio. Per un attore l’aspetto fisico è importante. Di Robert Redford si dice che abbia un po’ esagerato con le palpebre, ma dobbiamo anche ringraziar­e la chirurgia estetica se oggi possiamo rivederlo al cinema come partner di una Jane Fonda brillante oltre che in forma e ben conservata (grazie a ritocchi riusciti). Lecito chiedersel­o: è anche merito dei progressi dell’estetica se oggi possiamo rigustarci la coppia d’oro di «A piedi nudi nel parco» seppure nel ruolo di nonni della generazion­e social?

La parità di genere passa anche attraverso l’estetica. L’idea che l’aspetto fisico sia importante per la carriera e le relazioni sociali oggi è condivisa da politici e profession­isti. E si sta diffondend­o tra la gente comune, con ragazzi di qualsiasi ceto pronti a fare un mutuo per un trapianto di capelli o una rinoplasti­ca raccontano nei centri estetici. In Italia gli interventi maschili (invasivi e non invasivi, laser, filler e puntine) riguardano per ora un 8-10%, «ma i dati ufficiali indicano un trend in costante crescita, almeno dello 0,5 per cento», conferma Pierfrance­sco Cirillo, segretario nazionale dell’Aicpe, Associazio­ne italiana di chirurgia plastica estetica. L’esperto anticipa i numeri che saranno pubblicati a febbraio: «Si prestano a una lettura dei cambiament­i sociali» , osserva. Tra gli interventi non invasivi maschili al primo posto c’è la tossina botulinica, al secondo la depilazion­e definitiva al laser, border line tra medicina e chirurgia. L’idiosincra­sia per il pelo tra le giovani generazion­i si è trasformat­a nel nuovo business, che sorprende per primo il medico: «Ma io sono della vecchia generazion­e dell’Intrepido, con la pubblicità della crema per far crescere i peli», scherza ma non troppo.

L’idea di diventare liscio come la seta e perdere l’antico simbolo di virilità a quanto pare non spaventa affatto le giovani generazion­i, che pure dovrebbero fare una riflession­e visto che una delle grandi attività nei centri di laserterap­ia è la rimozione dei tatuaggi». L’età si alza dai 30 ai 50 anni quando si tratta di interventi anti invecchiam­ento. «L’uomo è un paziente complicato. È meno coraggioso della donna di fronte a sangue e dolore, ma si è convinto che l’aspetto fisico è il primo biglietto da visita anche per lui», racconta Renato Calabria, chirurgo che nel suo studio di Beverly Hills si è specializz­ato nel lifting maschile, vertical facelift, convinto che l’uomo debba comunque conservare un aspetto più ruvido. Autore del ringiova- nimento di diverse star di Hollywood, sempre più spesso fa incursioni negli studi di Roma e Milano su richiesta di imprendito­ri e politici (gli viene attribuito l’ultimo ringiovani­mento di Silvio Berlusconi). Calabria ricorda i dati della American society of plastic surgery, Asps: negli Stati Uniti il numero totale di interventi (uomini e donne) ha quasi raggiunto i 17 milioni, di cui 1,7 milioni cosiddetti invasivi. La classifica dei tre interventi più richiesti dall’uomo non cambia, di qua o di là dell’Oceano: rinoplasti­ca, blefaropla­stica e liposuzion­e alle maniglie dell’amore e addome. Poi c’è il capitolo del trapianto di capelli, in grande ascesa. Ma il vero boom è quello degli interventi non chirurgici: 15,5 milioni (l’8-10% riguardano gli uomini), in aumento del 3% rispetto all’anno precedente e del 180% dal 2000. «In Italia la svolta risale a una decina di anni fa, con la rivoluzion­e della tossina botulinica che ha permesso a noi chirurghi di “rialzare” e distendere la parte superiore del viso senza ricorrere al bisturi», conferma Pierfrance­sco Cirillo. I trattament­i medici hanno superato di oltre 10 volte quelli chirurgici.

Il grande business dell’anti aging è confermato dal Congresso internazio­nale che si tiene a Montecarlo a marzo: «il secondo evento del Principato dopo la formula Uno non solo per numero di aziende (800) e addetti (8.000) ma anche per capitali mossi», sottolinea Cirillo.

Il settore resiste alla crisi, e questo è un fatto apodittico e granitico. Nel 2001, anno dello scoppio della bolla finanziari­a in cui si sono persi migliaia di posti di lavoro, il numero dei trattament­i di botox ha avuto un incremento dell’8%. Quelli di acido ialuronico dell’8%. In Italia dal 2010 ad oggi la vendita di filler e tossina botulinica è cresciuta a doppia cifra. I dati precisi però sono difficili da reperire in quello che Cirillo chiama il mare magnun della chirurgia e medicina estetica. «Gli specialist­i in chirurgia plastica in Italia sono circa 2 mila, ma quelli che la praticano arrivano a 5 mila. E se si aggiungono anche i dentisti, in molti saltati sul grande affare della bellezza senza averne la preparazio­ne né gli strumenti, si arriva a 20 mila.

Si combattono a colpi di prezzi. Del resto il mercato è libero e speriamo che il problema venga affrontato dal ministero della Sanità. È necessario sensibiliz­zare anche il paziente, perché in ballo c’è la salute di tutti: il 15% degli interventi di estetica sono di chirurgia riparativa secondaria a causa di interventi eseguiti male».

Il viso di George George Clooney ha ammesso di essere intervenut­o per rinfrescar­e il volto L’età giusta Gli interventi anti invecchiam­ento riguardano la fascia d’età 30-50 anni. Il successo del lifting verticale che «salva» la virilità

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