Corriere della Sera

Il segno australe di Attilio Rossi geniale e inquieto architetto di libri

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Buenos Aires, 1937. «Ma nell’Antartide non ci sono orsi», esclamò Jorge Luis Borges vedendo l’orso polare — che doveva essere il logo della Colleciòn Austral di Espasa-Calpe — disegnato da Attilio Rossi. E l’animale venne sostituito dal segno del Capricorno. Idea dell’autore del Manuale di zoologia fantastica o dello stesso Rossi che riprendeva la figura della meridiana solare del Duomo di Milano? Non si sa. Comunque, Rossi fece delle varianti. Sostituì la coda dello stambecco con una foglia d’albero, chiara allusione al motto festina lente («affrettati lentamente») creato da Aldo Manuzio nella Venezia rinascimen­tale.

L’episodio viene adesso ricordato da David Carballal nel catalogo della mostra galiziana Como se imprime un libro. Grafistas y impresores a Buenos Aires 1936-1950, a La Coruña (Fondazione Luis Seoane, sino al 1° aprile), a cura di Silvia Longueira e dello stesso Carballal. La rassegna riprende il volume omonimo, progettato, scritto e illustrato da Attilio Rossi (la sequenza, in dettaglio, della genesi di un libro, definito da Paul Valery «una perfetta macchina per leggere»), stampato in Argentina nel 1943 dalla Imprenta Lopez per promozione della tipografia. Ma forse l’aspetto più appariscen­te della pubblicazi­one è l’entusiasmo: «Lavoriamo con il motto che la tipografia è un’arte applicata al servizio della diffusione del pensiero». Una sorta di manifesto, una dichiarazi­one di principi motivata dall’obiettivo di conseguire un volume perfetto («È risaputo che basta che fallisca una delle innumerevo­li operazioni nella confezione del libro perché la perfezione dell’insieme venga distrutta»).

Ci sono Attilio Rossi, il fotografo argentino di origine italiana Horacio Coppola, la collega la tedesca Grete Stern e il tipografo Manuel Lopez. Cui, adesso, alla Fondazione Seoane, si aggiunge il grafico tedesco Jacob Hermelin.

Il fondatore della tipografia, José Lopez, nel 1877 da La Coruña era approdato a Buenos Aires in cerca di fortuna. Figli e nipoti gli daranno man forte. Così come, sempre da La Coruña per l’Argentina, partirà nel 1936, per sfuggire ai falangisti, l’illustrato­re Luis Seoane, avvocato e membro attivo della sinistra galiziana.

Nel 1935, Attilio Rossi lascia Milano per Buenos Aires. Ha 26 anni. Aveva studiato a Brera e alla Scuola del libro dell’Umanitaria. Con un occhio all’avanguardi­a artistica europea, voleva rinnovare l’estetica dei libri. Così, nel 1933, assieme ad alcuni compagni di corso, aveva messo su la rivista «Campo grafico». Esperienza che gli torna di grande utilità, una volta che raggiunge l’Argentina. Cui affianca l’attività di critico d’arte (sulla rivista «Sur») e quella di pittore (che estende alla grafica). La fortuna gli arride quando, nel ’37, diventa direttore artistico delle edizioni Espasa-Calpe Argentina di Gonzalo Losada e Manuel López Urgoiti. Primo obiettivo, l’«identità grafica». E la collana tascabile dell’Austral gliene offre l’occasione. Il primo titolo? La rebelión de las masas di José Ortega y Gasset. Ma l’avventura finisce presto. Nel ’38 i franchisti prendono il controllo della casa editrice e Rossi lascia, assieme a Losada e Guillermo de Torre (cognato di Borges). Fondano la Editorial Losada (Rossi è il direttore artistico), cui si aggiunge lo stampatore Manuel Lopez. Il primo anno escono 12 collane. Alla fine del decennio, sono 53. Döblin, Trotsky, ma anche Luca Pacioli (La divina proporzion­e, del 1509).

Il lavoro editoriale aiuta Attilio Rossi a costruire (19351950) un profondo rapporto con la cultura ispanica e latino-americana, che si concretizz­a nella collaboraz­ione e nell’amicizia con molti intellettu­ali spagnoli. Disegna numerose copertine dei volumi (alcuni esposti) di cui cura la pubblicazi­one (famose quelle di El Aleph di Borges, del Tolstoi di Zweig e di Carlota en Weimar di Mann). Illustra anche numerosi libri, tra i quali Platero y yo di Juan Ramón Jiménez, e realizza con Rafael il volume A la pintura. Poema del color y la línea (dove il poeta di Puerto Santa Matia definisce l’artista lombardo «architetto di libri»).

Tra le amicizie «solide» di Rossi (1909-1994) ci sono quelle con José Bergamin, Ramón Gómez de la Serna, Luis Seoane e altri. Altrettant­o solidi, i suoi rapporti con la cultura sudamerica­na: Pablo Neruda, di cui illustra i 20 poemas de amor, Eduardo Mallea, Ernesto Sábato, Victoria Ocampo. In Messico conosce Diego Rivera, Octavio Paz, León Felipe e altri intellettu­ali. Tra il 1945 e il 1951 l’«architetto di libri» prosegue senza interruzio­ni il lavoro, fino a quando decide di tornare in Italia. E saluta la capitale argentina con un libro, Buenos Aires en tinta china (esposto a La Coruña) che contiene 130 suoi disegni, accompagna­ti dalla prefazione e dalle poesie di due vecchi amici: Jorge Luis Borges e Rafael Alberti.

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Il pittore e grafico Attilio Rossi (Albairate, Milano, 1909 – Milano, 1994)

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