Il legame
Silvio Berlusconi è un maestro nel dirimere contrasti attorno a un tavolo, anzi attorno a una tavola, tutti insieme, per pranzi e cene. Anche cene eleganti, ma soprattutto politico-diplomatiche. La diplomazia della cena è una sua specialità. E il fatto che Matteo Salvini sia tanto riottoso nel fissare una data, sempre una scusa per rimandare il convivio della pace, a lui pare un insopportabile «capriccio». Poi succederà, prima o poi succederà: non è possibile andare alle elezioni divisi, sparpagliati, incattiviti, senza una cena chiarificatrice. È successo da poco anche in Sicilia, alla vigilia delle elezioni (vincenti) per il governatore. Il «patto dell’arancino», l’hanno chiamato, la cena che ha unito Berlusconi, Salvini e Gorgia Meloni per dimostrare che il centrodestra era forte, una testuggine invincibile. Ci sarà l’occasione, per sciogliere i mugugni di Salvini con le deliziose portate sulla tavola di Arcore. Ma che fatica, chissà perché, si chiederà Berlusconi, con la Lega occorre sempre questa fatica.
Le cene, le case in Sardegna, gli incontri conviviali. Berlusconi ne ha fatto una filosofia, l’idea che gli angoli possano essere smussati con l’aiuto di un buon cibo, nel calore di una tavolata. Che i contrasti non sono mai contrasti per sempre se confortati da un incontro amichevole. Quando nel ’94 Umberto Bossi aveva già deciso di rompere con il suo governo, Berlusconi gli mise a disposizione la sua villa. Scene memorabili furono immortalate con Bossi in canottiera. Troppo informale e «popolana»? Del resto anche Berlusconi indossò una bandana nelle vacanze che aveva ospitalmente offerto alla coppia Blair, figurarsi se poteva formalizzarsi per una canottiera. Solo che quella volta le doti gastronomiche del cuoco Michele al servizio della diplomazia della cena messa a punto dal munifico padrone di casa non sortirono l’effetto sperato e Bossi decise di rompere con Berlusconi, non prima di un pranzetto, potenza delle tavolate, in quel di Gallipoli co i congiurato D’Alema e Buttiglione. Per non sbagliare di nuovo, quando Berlusconi decise di riannodare i rapporti con la Lega verso la fine degli anni Novanta, stabilì anche che le relazioni con Bossi non potessero non essere cementate da un comune convergere attorno al desco di Arcore, ogni santissimo lunedì.
Con la pioggia o con il vento, Berlusconi e Bossi trascorrevano tutti i lunedì più che per elaborare strategie, per riconoscersi indistruttibile sodalizio, mai più esposto ai venti dei ribaltoni, dopo la triste e traumatica esperienza del Silvio Berlusconi, 81 anni e Umberto Bossi, 76, sono stati amici e alleati, con plateali rotture e ritorni, sin dal 1994
Il «capriccio» Il capo della Lega è riottoso e all’ex premier pare un insopportabile «capriccio»