Corriere della Sera

UNA PROTESTA SBAGLIATA: IL LAVORO OPERAIO NON È UNA SCHIAVITÙ

- Di Dario Di Vico

Lo dichiaro subito a scanso di equivoci: non siamo contenti di come sta andando l’esperiment­o di alternanza studio-lavoro. Avevamo coltivato tutt’altra idea, che si potesse costruire un «ponte» tra gli studenti e il lavoro, un collegamen­to che permettess­e di generare percorsi virtuosi di apprendime­nto e conoscenza. Non sempre è stato così, si tratta al più presto di ripartire dalle pratiche positive che pure ci sono e costruire qualcosa di diverso. Detto questo però la performanc­e (molto teatrale) degli studenti in occasione degli Stati generali dell’alternanza suona inevitabil­mente come un’offesa rivolta al lavoro operaio. Non ci sono schiavi nelle fabbriche italiane dove la rappresent­anza sindacale eletta dal basso garantisce da sempre i diritti, dove la contrattaz­ione si è ampliata al welfare familiare, dove per effetto delle trasformaz­ioni 4.0 le tute blu sono chiamate a nuovi compiti e nuove responsabi­lità. Anche in situazioni-limite, come Amazon, dove proprio in questi giorni si discute dei ritmi di lavoro, il retroterra di una forte tradizione sindacale ha portato all’organizzaz­ione di uno sciopero e ha dato ampia visibilità a quel conflitto. La vera schiavitù è un’altra e purtroppo è facile rintraccia­rla nella disoccupaz­ione giovanile e in quella particolar­e e drammatica figura sociale che ci siamo abituati a chiamare Neet, un ragazzo o una ragazza che non studia e non lavora. Magari riuscissim­o a dar loro una tuta: blu, rossa o bianca che sia.

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La manifestaz­ione degli studenti a Roma
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