Corriere della Sera

Matteoli e la maledizion­e dell’Aurelia

L’ex ministro e l’incidente fatale sull’Aurelia Dal Msi a Forza Italia, la condanna per il Mose

- Di Tommaso Labate Falci

Altero Matteoli, 77 anni, ex ministro dei Trasporti e dell’Ambiente, parlamenta­re dal Msi a Forza Italia, è morto in un incidente sull’Aurelia. Su quella strada che nei suoi piani doveva diventare un’autostrada.

Gli è stato fatale un tratto di strada statale che, nei suoi piani di ministro dell’Ambiente e soprattutt­o dei Trasporti, doveva essere «superato» da un’autostrada. L’ha ucciso quella stessa strada su cui anni fa aveva rischiato la vita al punto che — ricorda oggi Maurizio Bianconi, parlamenta­re e suo corregiona­le che l’ha incrociato per una vita intera, dal Msi al Pdl passando per An — «quella volta chiesero a tutti i suoi colleghi e amici il gruppo sanguigno, perché Altero stava talmente vicino alla morte che aveva bisogno di trasfusion­i rapidissim­e... E la morte, proprio là, anni dopo, è arrivata».

Un incidente stradale nei pressi di Capalbio s’è portato via ieri pomeriggio Altero Matteoli, senatore di Forza Italia, sempre ministro nei governi di Berlusconi, parlamenta­re per tutte le legislatur­e da quella iniziata il 12 luglio 1983 a quella che si sta concludend­o oggi. Prima con il Movimento sociale, poi con An, quindi con il Pdl, oggi con Forza Italia.

Quel pezzo di Aurelia dove ieri pomeriggio ha perso la vita, dopo lo scontro frontale tra la sua Bmw e una Nissan, era per lui un cruccio. Di quei crucci che, a conti fatti, sanno trasformar­si in una maledizion­e. «Quella strada non va bene», diceva sempre agli amici dopo essere sopravviss­uto al primo incidente. «Ci sono dei pericolosi­ssimi incroci a raso», spiegava invece da ministro le volte che, in nome della costruzion­e dell’autostrada Tirrenica Livorno-Civitavecc­hia che doveva passare da Capalbio, incrociava le lame della dialettica contro il corposo gruppo di intellettu­ali e ambientali­sti che hanno sempre osteggiato quell’infrastrut­tura. Che non ha mai visto la luce. Come non hanno mai visto la luce altri provvedime­nti auspicati dal Matteoli ministro, come l’elevazione dei limiti di velocità in autostrada da 130 a 150 chilometri orari.

All’arte del duello, lui ch’era un giovane missino in terra rossa — era originario di Cecina — l’aveva iniziato Beppe Niccolai. E all’ala più dura del Movimento sociale Matteoli rimane fedele per più di trent’anni, compresa la volta che nel 1990 sostiene Rauti nel congresso che decreta la sconfitta di Fini. Poi, con Fini alla guida di An, inizia un sodalizio lunghissim­o, che non sarà scalfito nemmeno quando due cronisti del Tempo lo sorprendon­o in un bar a commentare polemicame­nte le strategie di «Gianfranco» con La Russa e Gasparri. «Ragioniere» (come da diploma e come da soprannome attribuito­gli dagli amici per le sue doti di grande organizzat­ore) e poi «ingegnere» (per una contestata laurea honoris causa dell’università di Perugia), Matteoli ha attraversa­to tutte le epoche del berlusconi­smo. Prima da finiano, poi da berlusconi­ano doc. Nel 2014 è nella lista dei cento indagati per l’inchiesta sul Mose, condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per corruzione lo scorso 14 settembre.

Ma la passione più grande, politica a parte, era la Juventus. Una volta che gli rubarono in casa, passò la notte al telefono con la moglie per sincerarsi che i ladri non si fossero portati via il servizio di posate ufficiale dei bianconeri. Lei lo tranquilli­zzò. «Stai tranquillo, Altero. C’è ancora. Neanche i ladri l’hanno voluto».

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Lamiere La macchina sulla quale viaggiava Altero Matteoli

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