Corriere della Sera

LA GAFFE DI M5S BILANCIA PER UN GIORNO IL CASO BOSCHI

- Di Massimo Franco

La presa di distanze del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non lascia spazio a equivoci. Affermando di non avere mai autorizzat­o «nessuno» del governo a discutere di Banca Etruria, di fatto espone la sottosegre­taria a Palazzo Chigi, Maria Elena Boschi. E complica la sua posizione per gli incontri con esponenti bancari sul commissari­amento dell’istituto di cui il padre era vicepresid­ente. Insomma, anche ieri la commission­e parlamenta­re di inchiesta ha prodotto brutte sorprese per il Pd: sebbene la vicenda venga bilanciata dalle parole del candidato premier del M5S sulla moneta unica.

Luigi Di Maio negli ultimi mesi ha cercato di accreditar­si come un esponente moderato, icona di un grillismo in abito grigio. Ma con la presa di posizione di ieri ha sgualcito buona parte della sua fresca credibilit­à. Di nuovo, è scivolato sul tema più delicato: i nostri impegni internazio­nali. Gli è stato chiesto del referendum sull’euro, che da tempo tende a definire «extrema ratio». Se ci si dovesse arrivare, ha risposto, «è chiaro che voterei per l’uscita, perché significhe­rebbe che l’Europa non ci ha ascoltato». Forse sono parole usate per tacitare una base inquieta.

La sbavatura, tuttavia, è vistosa. E infatti Di Maio ha tentato una frettolosa marcia indietro, assicurand­o che il suo obiettivo «non è abbandonar­e la moneta unica». Eppure, per un esponente politico che aspira a guidare l’Italia, parlare di referendum su un trattato internazio­nale significa fingere di dimenticar­e i paletti stringenti che la Costituzio­ne fissa; e alimentare le diffidenze che le cancelleri­e occidental­i e una grossa fetta dell’elettorato non smettono di mostrare verso il M5S. Per un Pd che continua a scendere nei sondaggi è una boccata d’ossigeno.

Al segretario Matteo Renzi non sembra vero potere affermare che stavolta Di Maio «ha fatto chiarezza: lui voterebbe per l’uscita dall’euro». E sarebbe «una follia per l’economia italiana». L’aspetto più insidioso, però, è l’impatto che posizioni di questo tipo hanno all’estero. E pazienza se il referendum è impossibil­e senza cambiare la Costituzio­ne. Si consegna un’immagine distorta del Paese. Di Maio invita «chi mi attacca a pensare a bancopoli». Cerca di rispostare l’attenzione su un tema meno scivoloso, per il Movimento.

Sa che in campagna elettorale prevale il tema dei risparmiat­ori danneggiat­i o truffati. E questo gli permette di sospingere di nuovo il Pd sulla difensiva. La settimana di audizioni in commission­e parlamenta­re di inchiesta si presenta irta di incognite, come si è visto con l’audizione di Padoan. Ma non si capisce se il Pd continuerà a sparare a zero sui vertici di Bankitalia; o se si prepara ad abbassare i toni, dopo i risultati frustranti delle settimane scorse. In effetti, quei precedenti suggerisco­no maggiore prudenza rispetto al passato.

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