Corriere della Sera

Mesi che sconvolser­o le banche

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Le strutture di Palazzo Chigi, Tesoro e Via Nazionale continuano a cooperare come prima, ma sembra molto probabile che il fastidio di Renzi verso i vertici di Bankitalia inizi a emergere allora.

Non c’è però tempo per il rancore, perché la sabbia scorre nella clessidra. Etruria è la quarta banca commissari­ata dopo Carife, Marche e Chieti. Nessuna di loro tiene e il Tesoro pensa a una soluzione che solo a fine ottobre si sarebbe dimostrata impraticab­ile: ricapitali­zzarle con il Fondo di garanzia e tutela dei depositi, una dotazione che 150 banche italiane devono obbligator­iamente versare a titolo di mutua assicurazi­one. Si parte con Carife, la banca di Ferrara, che ha bisogno di 300 milioni (contro i 500 di Etruria, 1,2 miliardi di Marche); l’assemblea dei soci si tiene a luglio e a inizio settembre il Fondo di garanzia invia alla Banca centrale europea la richiesta di autorizzaz­ione, che però si arena. La Bce non risponderà mai.

Qui servono due passi indietro. Ciò che il Tesoro non dice, allora, è che nel caso di intervento del Fondo le banche non sarebbero fallite ma le nuove norme Ue sugli aiuti di Stato impongono che le obbligazio­ni subordinat­e siano convertite in azioni. Non cancellate, ma il loro valore si sarebbe diluito. Non solo, la Commission­e Ue fra settembre e ottobre chiarisce definitiva­mente che il Fondo può solo indennizza­re i depositant­i. Ma non può ricapitali­zzare le banche.

L’altro tassello mancante mette il Parlamento sul banco degli imputati: accidiosam­ente, adotta in Italia le nuove norme Ue sulle banche solo fra agosto e metà novembre, con quasi un anno di ritardo. Così governo e

Le scelte Ma Renzi non volle la riforma delle Popolari per salvare Banca Etruria

Bankitalia perdono mesi e credibilit­à a Bruxelles, perché mancano loro gli strumenti legali per gestire il dissesto. Quando saranno pronti, dopo metà novembre 2015, non c’è altro tempo per organizzar­e un intervento diverso e «volontario» del Fondo di garanzia — sarebbe stato legale per Bruxelles — perché le quattro banche non possono resistere un solo giorno di più: Etruria si è già dissanguat­a del 28% dei depositi (1,4 miliardi), le altre per cifre simili. Le famiglie nel panico corrono agli sportelli. I ritardi di Camera e Senato nell’adottare in Italia la nuova direttiva Ue sulle banche non saranno il solo fattore decisivo, ma pesano eccome.

Altrettant­o pesa il silenzio di Bruxelles sull’opzione, che esisteva, di annunciare subito rimborsi ai piccoli risparmiat­ori raggirati (e l’ignoranza in proposito degli italiani). Si arriva così ai fallimenti brutali del 22 novembre 2015. È un azzerament­o di pubblico risparmio da 700 milioni. Per il quale la resa dei conti fra istituzion­i è ancora aperta.

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A Montecitor­io Una delle tante proteste degli obbligazio­nisti degli istituti di credito interessat­i dal decreto «Salva-banche»

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