Il Quirinale e quei rischi di oltraggi in Egitto
Gli attacchi scatenati contro Mattarella sul rientro delle salme di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro? Come valutano al Quirinale le recriminazioni di chi (il monarchico Ugo d’Atri) parla di «un’operazione clandestina, quasi che si seppellisse un Totò Riina»? E come considerano l’indignazione di chi (il leader di Rifondazione Maurizio Acerbo) nega perfino «l’umana comprensione»? Queste polemiche di segno opposto, e altre giocate sul medesimo registro, sono «la prova che il presidente della Repubblica si è tenuto nel giusto». Ecco il giudizio del Colle sulla bufera cresciuta intorno all’avallo concesso alla richiesta avanzata dalla famiglia Savoia. «La famiglia», si sottolinea, per segnalare che sul trasferimento in Italia delle spoglie reali si erano espressi «tutti gli eredi». Così risultava al capo dello Stato nei contatti avuti prima con Maria Gabriella di Savoia e poi con il rappresentante da lei indicato. Allo stesso modo si puntualizza che mai, durante le trattative, è stato evocato il Pantheon come sede della tumulazione. Insomma: se Mattarella ha ritenuto di pronunciarsi favorevolmente, ma escludendo pubblici onori e revisioni storiche sulle responsabilità del sovrano con il fascismo, è stato solo per una questione di «pietas» (dopotutto, si obietta, gli italiani accettarono senza scandalo che Mussolini fosse inumato a Predappio). E il sì è stato pronunciato anche per evitare il rischio che la sepoltura di Vittorio Emanuele potesse subire oltraggi, nell’Egitto assediato dal fondamentalismo islamico. Infine, per quanto riguarda la controversia sul volo che ha portato in Piemonte la bara, si precisa che è stato usato un aereo militare (non di Stato) da carico: scelta condivisa con il governo, considerando che il re è stato per decenni anche il capo delle Forze Armate.