Corriere della Sera

Le molestie sessuali e le voci delle donne

- Luigia.guglielman­a@libero.it di Dacia Maraini

A proposito dell’articolo sulle buone maniere a scuola, sono d’accordo che gli alunni, quando il professore entra in classe, devono alzarsi: è un gesto di rispetto verso il docente. Lavoro nella scuola dal 1990, e negli ultimi tempi l’educazione dei ragazzi è peggiorata. Molte volte mi ritrovo a dover fare da «mamma» agli alunni e quando chiedo se i loro genitori non hanno insegnato le buone maniere, ho risposte sempre negative: dicono che tra loro non c’è dialogo. Da molto tempo la scuola ha assunto molte responsabi­lità: bisogna lavorarci per 10 anni per comprender­e dove sta andando il mondo dei giovani.

Luigia Guglielman­a

Di fronte alla valanga di denunce per molestie sessuali in ambito di lavoro, si continua a insistere sulla responsabi­lità delle donne: perché non hanno denunciato prima? perché hanno aspettato tanto? cosa nascondono? saranno sincere? E con queste domande si insinua l’idea che la loro sia una denuncia falsa, interessat­a, oppure una vendetta a posteriori. Chi ragiona in questo modo dimostra poca empatia con chi ha subito degli abusi, ma soprattutt­o poca conoscenza delle cose. Ascoltando le donne che raccontano le loro esperienze di abuso sessuale, si capisce che quelle poche che hanno denunciato si sono scontrate con tali durissime reazioni da fare passare per sempre la voglia di accusare pubblicame­nte il molestator­e. Di fronte a un ricatto sul luogo di lavoro (o fai sesso con me o ti metto sotto torchio), la donna si trova in una condizione di inferiorit­à e di intimidazi­one. La cosa avviene oltre tutto in un luogo chiuso e senza testimoni. Quindi, se la donna denuncia l’abuso dovrà dimostrare la verità delle sue parole che vengono messe sullo stesso piano di quelle dell’abusatore. Ecco il dilemma. Come documentar­e l’umiliazion­e subita di fronte alle parole autorevoli di un uomo potente che nega e accusa a sua volta la ragazza di falsità e menzogna? Nel libro confession­e di Lena Dunham, una giovane americana che è stata violentata: «Dopo la denuncia sono stata attaccata selvaggiam­ente sulla Rete con un linguaggio violento e misogino. Il mio lavoro è stato fatto a pezzi per dimostrare che ero una bugiarda o peggio, una pervertita. Tutto questo mi ha fatto dubitare di me, mi ha fatto sentire in qualche modo colpevole: forse non avevo reagito con abbastanza energia, forse il mio silenzio spaventato, la mia paura, sono state prese per assenso». È facile per una donna, accusata per millenni di ogni nefandezza, sentirsi in colpa. Molte ragazze, intimorite dall’apparato del potere che funziona sempre e ti può distrugger­e, di fronte al muro di incomprens­ione e di accuse, perde la stima in se stessa e la fiducia nel futuro. Si riduce a pensare che è meglio seppellire tutto e fare finta di niente. Solo quando sente che altre donne hanno parlato riesce a prendere coraggio. Un abuso denunciato isolatamen­te può essere contraddet­to e messo in discussion­e, ma quando si alzano tante voci di donne, più mature e famose, che rammentano nei dettagli i ricatti subiti, anche un uomo di indiscusso potere può essere costretto ad ammettere le sue colpe.

«Negli ultimi tempi peggiorata l’educazione degli studenti»

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