Le griffe «made in Italy» in Borsa con l’indice del lusso
Centodieci miliardi di euro di capitalizzazione. Poco meno di un terzo della spesa sociale annuale dell’Italia. Un quindicesimo del pil. Solo per capire i numeri e le proporzioni. Per ventidue società quotate a Piazza Affari. L’Italia, da ieri, ha il suo indice del lusso. La percezione del marchio, il posizionamento sul mercato. La creatività, l’eccellenza. Alcuni dei parametri scelti per selezionarle nell’indice che esprime il meglio che il nostro Paese è in grado di offrire sul mercato ad investitori italiani ed esteri e risparmiatori. Per Raffaele Jerusalmi (foto), amministratore delegato di Borsa Italiana, potrebbe anche «diventare uno strumento di trading». Autogrill, Brembo, Brunello Cucinelli, Campari, Damiani, De’Longhi, Ferrari, Fca, Fila, Geox, Luxottica, Moncler, Ovs, Piaggio, Pininfarina, Piquadro, Pirelli, Safilo, Ferragamo, Technogym, Tod’s, Yoox Net-A-Porter Group. Nelle intenzioni una vetrina del made in Italy. Di eccellenze, non sempre contendibili sul mercato, non sempre public company, sempre espressione di un talento indiscusso e universalmente riconosciuto. Un’idea interessante. Che fa il paio con il ritorno in Borsa in Pirelli dopo il delisting. Che si nutre della svolta di Leonardo Del Vecchio, che ha deciso di quotare anche a Milano (oltre che a Parigi) la nuova realtà oggetto della fusione con i francesi di Essilor. Una vetrina per il nostro export.