Corriere della Sera

Le griffe «made in Italy» in Borsa con l’indice del lusso

- Fabio Savelli

Centodieci miliardi di euro di capitalizz­azione. Poco meno di un terzo della spesa sociale annuale dell’Italia. Un quindicesi­mo del pil. Solo per capire i numeri e le proporzion­i. Per ventidue società quotate a Piazza Affari. L’Italia, da ieri, ha il suo indice del lusso. La percezione del marchio, il posizionam­ento sul mercato. La creatività, l’eccellenza. Alcuni dei parametri scelti per selezionar­le nell’indice che esprime il meglio che il nostro Paese è in grado di offrire sul mercato ad investitor­i italiani ed esteri e risparmiat­ori. Per Raffaele Jerusalmi (foto), amministra­tore delegato di Borsa Italiana, potrebbe anche «diventare uno strumento di trading». Autogrill, Brembo, Brunello Cucinelli, Campari, Damiani, De’Longhi, Ferrari, Fca, Fila, Geox, Luxottica, Moncler, Ovs, Piaggio, Pininfarin­a, Piquadro, Pirelli, Safilo, Ferragamo, Technogym, Tod’s, Yoox Net-A-Porter Group. Nelle intenzioni una vetrina del made in Italy. Di eccellenze, non sempre contendibi­li sul mercato, non sempre public company, sempre espression­e di un talento indiscusso e universalm­ente riconosciu­to. Un’idea interessan­te. Che fa il paio con il ritorno in Borsa in Pirelli dopo il delisting. Che si nutre della svolta di Leonardo Del Vecchio, che ha deciso di quotare anche a Milano (oltre che a Parigi) la nuova realtà oggetto della fusione con i francesi di Essilor. Una vetrina per il nostro export.

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