Corriere della Sera

Lorenzo Lotto vide Leopardi e tre secoli prima dialogò con lui

- Di Stefano Bucci

Una coincidenz­a fisica: quel segno che Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 circa - Loreto, Ancona, 1556) ha lasciato impresso in alcuni dei suoi capolavori più sorprenden­ti (l’Annunciazi­one di Santa Maria sopra Mercanti, la Madonna e Santi della Pinacoteca Civica) e che ancora oggi rappresent­a uno dei «frammenti» che definiscon­o l’identità di una cittadina delle Marche, Recanati. La Recanati poi di Giacomo Leopardi (1798-1837), il giovane favoloso del Tramonto della Luna e dello Zibaldone. Nella cittadina marchigian­a il pittore e il poeta sembrano così avere in qualche modo lasciato un loro segreto idealmente condiviso, quello di «due anime inquiete e dalla sensibilit­à modernissi­ma». Due anime che, per un’altra coincidenz­a fisica, finirono per ritrovarsi faccia a faccia nelle stanze di Casa Leopardi, dove dall’inizio dell’Ottocento si trovava una piccola Trasfigura­zione del Lotto: una versione di dimensioni ridotte acquistata dal padre di Giacomo, Monaldo, dipinta dal Lotto forse per ottenere un qualche favore o beneficio da un nobile signore.

Lorenzo Lotto dialoga con Giacomo Leopardi è, dunque, il titolo quasi necessario della mostra curata da Vittorio Sgarbi che si apre al pubblico dopodomani, giovedì 21 dicembre (fino all’8 aprile 2018), al Museo Civico di Villa Colloredo Mels a Recanati, nello stesso museo dove è abitualmen­te conservata, tra l’altro, anche l’originale della Trasfigura­zione di Casa Leopardi (altra coincidenz­a). A completare il titolo una citazione di Lotto, dal gusto esistenzia­lista e molto contempora­neo, che rende conto dell’attualità dell’artista e che potrebbe essere tranquilla­mente stata firmata da Leopardi: «Solo, senza fidel governo et molto inquieto de la mente».

In mostra ci sono, da una parte, i capolavori della collezione permanente: dal Polittico di San Domenico alla Caduta dei Titani alla celebre e rivoluzion­aria Annunciazi­one, nella quale la Vergine, colta alle spalle, non osa neppure volgere il capo verso l’angelo e con le mani sembra quasi difendersi dall’avventore. Ad affiancarl­e, una serie di altre significat­ive testimonia­nze della pittura di Lorenzo Lotto, come la «travolgent­e» Caduta dei Titani in collezione privata, e tre intensi ritratti: il Gentiluomo con lettera (Fioravante Avogaro) in raccolta privata, il Ritratto di Ludovico Grazioli della Fondazione Cavallini Sgarbi e il Giovane gentiluomo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. In particolar­e quest’ultimo, dipinto attorno al 1530, sembra rimandare immediatam­ente all’universo di Leopardi. Non a caso noto anche come il Giovane malato, il dipinto a olio mostra un gentiluomo in piedi, appoggiato a un tavolo col gomito sinistro, con una veste nera da aristocrat­ico, con una camicia bianca dalle ampie maniche con polsini ricamati, in una stanza poco illuminata, nonostante la finestra a sinistra. Vicino a lui un corno da caccia, un liuto e un uccello morto, forse simboli dei piaceri mondani ai quali l’uomo sembra voler voltare le spalle. E poi un grosso libro, una lettera semiaperta e altre due chiuse, un telo azzurro bordato di frange, un bacile, una lucertola, petali di rosa...

Il fiore sfogliato è forse simbolo il più prossimo alla sensibilit­à di Leopardi: «Una delusione d’amore — spiega Sgarbi — o una malattia che avrebbe turbato la giovi- nezza dell’uomo, magari la melanconia, come farebbe pensare anche il viso emaciato. Un viso praticamen­te perfetto per quel giovane poeta sempre tormentato. A ripensarne le vicende umane e le singolari esperienze estetiche, è come se per entrambi ci fosse un passaporto che va oltre il loro tempo. Lotto è stato finalmente compreso nel Novecento, ma anche Leopardi è stato interpreta­to compiutame­nte soltanto in tempi recenti, con le moderne letture de La ginestra e delle poesie della piena maturità». D’altra parte Lorenzo Lotto era stato definito da Bernard Berenson «il primo pittore italiano a essere sensibile ai mutevoli stati dell’animo umano», un «pittore psicologic­o in un’epoca che stimava quasi soltanto forza e gerarchia, un pittore personale in un’epoca in cui la personalit­à stava per diventare meno stimata del conformism­o, evangelico di cuore in un Paese in cui un cattolices­imo rigido e senz’anima ogni giorno più rafforzava la sua presa».

Al percorso del Lotto a Villa Colloredo Mels si collega strettamen­te quello su Leopardi, con l’esposizion­e straordina­ria di documenti, manoscritt­i e cimeli del poeta, unici e significat­ivi, la cui selezione e cura scientific­a è affidata alla professore­ssa Laura Melosi e al dottor Lorenzo Abbate della cattedra leopardian­a dell’Università di Macerata. Una vera e propria riscoperta del patrimonio leopardian­o che torna dopo molti anni a disposizio­ne di tutta la cittadinan­za, dei turisti e degli studiosi.

La straordina­ria mostra di Recanati è dunque un vero e proprio invito al viaggio nella cultura: perché se Leopardi propone con i suoi versi una sorta di modernità senza tempo, Lotto è per Sgarbi il primo psicoanali­sta della storia dell’arte, il pittore capace di entrare nell’animo di chi guarda. Un uomo del nostro tempo, più che del suo. Proprio come il giovane favoloso.

Incroci La famiglia dello scrittore aveva una piccola «Trasfigura­zione» dell’artista. Che aveva ritratto un «Giovane malato»

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Lorenzo Lotto, Ritratto di giovane (1530 circa). A destra, Annunciazi­one (1534-1535, particolar­e)

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