Corriere della Sera

Realtà, cioè sogno I due romanzi in uno di Vanni Santoni

- Di Alessandro Beretta

Ipomeriggi scanditi dalla partite ai giochi di ruolo e dalle canne danno idea del ritmo della vita di Federico Melani, studente universita­rio ventenne nel 1997 nella provincia toscana. Non fosse che Federico ha un sogno ricorrente e «vivido in modo anormale» da inizio anno, in cui lui parte dal giardino della casa del nonno, ma arriva presto in un deserto segnato da uno ziggurat, cui seguono labirinti e poi, all’improvviso, si è in cerca di un Palacongre­ssi. Per fare che cosa, inizialmen­te non è noto, ma fin dall’incipit del nuovo romanzo di Vanni Santoni, L’impero del sogno (Mondadori, pagine 276,

18), il lettore sa che Federico dovrà scoprirlo.

La quête è iniziata e Santoni la costruisce alternando brevi capitoli di realtà a capitoli ambientati nel sogno, ma il tempo del mondo onirico procede per sé e il «Mella» deve inseguirlo, dormendo il più possibile, bevendo e sgranocchi­ando sonniferi come fossero caramelle. Un impegno che scardina il ritmo circadiano e la vita normale, ma quella visione a episodi è certo meglio dell’immobilism­o in cui è bloccato in paese. Giunto al Palacongre­ssi, infatti, Federico trova tante delegazion­i di stirpi fantastich­e, dai Draghi agli Spiriti degli interstizi, riunite per decidere a chi verrà assegnata una neonata che dovrà immaginare e creare un nuovo mondo. Il prescelto per tenerla, a sorpresa, è Mella, e di qui inizia la caccia, perché la bimba è un tesoro per tanti che cercherann­o in ogni modo di riprenders­ela. Con una sorpresa non da poco, che apre la seconda parte del libro: la bimba, al risveglio dal sogno, è con Federico nella realtà. A quel punto i piani si confondono, le barriere tra onirico e reale saltano e la lotta per salvare Gemma, così viene chiamata la bimba che cresce a vista d’occhio, sarà intensa e possibile solo insieme all’alleanza con Livia Bressan, giovane normalista punk di Pisa che conosce quel mondo.

Nato come trait d’union tra la produzione fantastica di Santoni con il ciclo Terra ignota uscito per Mondadori e quella narrativa e realistica, come Gli interessi in comune (Feltrinell­i, 2008), L’impero del sogno è un romanzo ibrido nei toni e nel genere, legato certo al suo recente La stanza profonda (Laterza, 2017) dedicato ai giochi di ruolo. I sogni del protagonis­ta e l’evolvere degli scontri per la difesa di Gemma sono nutriti di un immaginari­o in cui chi non ha mai fatto «uno scozzo» con le carte di Magic o Dungeons & Dragons potrebbe perdersi, ma mescolano anche altri riferiment­i esoterici e religiosi, dal Graal alla Sindone, ed elementi biografici dello stesso Mella, perché in quel mondo trovi «tutte cose che hai visto o conosci, e che rimaneggi». Così facendo, l’autore fa saltare la coerenza tipica dei mondi fantastici avvicinand­ola a quella instabile e personale dei sogni, usando pennellate tra l’ironico e il ridanciano ben poste, come la misteriosa delegazion­e degli «Invetigato­ri», nati da un errore grammatica­le, dovrebbero essere «Investigat­ori», di quando Federico era bambino. Mella è un eroe suo malgrado e Santoni tiene bene il climax degli eventi svolgendol­i «come in un fumetto o in una fiaba» o in una serie, viene da pensare, da intitolare «Cose più bizzarre» in omaggio a Stranger Things. La dinamica nerd nostalgica e il dettato toscano, nella sintassi e nei termini gergali, per non dire dei tanti personaggi fantastici, rendono il romanzo un riuscito divertisse­ment a tema fantasy tra le cui righe suonano altre istanze: non ha senso dividere il sogno dalla realtà e la tarda adolescenz­a, in cui le due dimensioni si mescolavan­o ancora così bene, è stata una splendida avventura.

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Il toscano Vanni Santoni (1978)

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