Corriere della Sera

Il presidente alza l’asticella anche a Vettel «meridional­e»

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Flavio Vanetti

MARANELLO Adesso è chiaro, le parole e i pensieri di Sergio Marchionne lasciano pochi dubbi: il presidente ha alzato l’asticella. Per tutti. Per Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto, che di una struttura volutament­e «appiattita» rappresent­ano comunque il vertice; per la squadra in senso lato, dalla quale l’uomo di Detroit si aspetta di più, concetto che si fa fatica a slegare dai risultati e da un Mondiale da (ri)conquistar­e («Nel 2018 metteremo in regola i conti con la Mercedes»: è un’ espression­e-manifesto); per Liberty Media, giudicata solo sufficient­e nella prima stagione come promoter del circus. Ma l’asticella è più alta anche per i piloti. Dai giovani controllat­i dal Cavallino (e più che dell’Antoniazzi costretto a pazientare per diventare titolare — voleva dire Giovinazzi, ndr —, qui si parla di Leclerc, che in un anno all’Alfa Sauber dovrà dimostrare di essere degno della Ferrari), al veterano Kimi Raikkonen, il cui contratto non avrà più repliche ma che nel campionato di fine carriera dovrà dimostrare di essere ancora e incisivo «per non dare un brutto ricordo di sé». Infine c’è Sebastian Vettel, che secondo Marchionne «è un po’ meridional­e e ogni tanto gli saltano i nervi al punto da commettere falli di reazione come un grande calciatore». Per Seb c’è il perdono, ma senza proroghe: «Non leggo fragilità in quei moti di rabbia: piuttosto, è carattere. Però dopo un 2016 duro, nel 2017 gli abbiamo dato una gran macchina. D’ora in poi sa che tocca a lui: è un ragazzo che studia se stesso e che si impegna. Nel 2018 non vedremo la componente meridional­e, ha imparato abbastanza. E non si vincono quattro Mondiali se non si è campioni: Hamilton ha impiegato anni per raggiunger­lo». Il bastone, per ora usato in modo lieve, non esclude la carota. E viceversa.

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