Corriere della Sera

Al lavoro è una dote necessaria Ma alla fine non è produttiva

- E.M.

Sul lavoro il multitaski­ng è quasi uno sport estremo: stare su più fronti è la regola in un mondo dove gli occupati sono sempre di meno, ma le mansioni restano le stesse. «I prodotti oggi hanno vita sempre più breve, le aziende sono costrette a innovarsi di continuo: in questa situazione, dover lavorare su tanti progetti in contempora­nea è la norma — spiega Alessandro Lo Presti, del Dipartimen­to di Psicologia dell’università Vanvitelli di Napoli —. In più l’uso delle tecnologie semplifica il lavoro e questo ha portato all’allargamen­to delle mansioni: il carico aumenta e cresce anche la fatica. La produttivi­tà cala, salgono i costi e i tempi necessari a coordinare il lavoro di tutti. Il multitaski­ng comporta una perdita di produttivi­tà individual­e giornalier­a di oltre due ore, a livello aziendale del 40 per cento».

Un’indagine europea ha mostrato che un terzo dei lavoratori viene interrotto di media ogni tre minuti. Come fare? «Bisogna trovare l’equilibrio fra esigenze organizzat­ive e carichi affrontabi­li dai lavoratori, magari attraverso il cosiddetto job crafting, la personaliz­zazione delle mansioni per valorizzar­e autonomia e competenze — dice Lo Presti —. Peraltro, il multitaski­ng riduce la performanc­e se i due compiti coinvolti sono opposti e non si hanno competenze per svolgerli, mentre ha effetto neutro se gli incarichi sono complement­ari e la persona può affrontarl­i grazie alla sua preparazio­ne. Investire in formazione quindi diventa un risparmio».

Il calcolo Gli esperti registrano una perdita di produttivi­tà a livello aziendale del 40%

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