Un tocco leggero e istituzionale Chi odia Matteo ama lui
Poi ci sono le mani invisibili di Gentiloni. Le vediamo poco, perché sono così istituzionali che di solito le tiene appoggiate a un leggio, o posate su un tavolo da lavoro, o le nasconde dietro maniche della giacca troppo lunghe. Senza gesticolare, il premier in carica è riuscito però in un piccolo miracolo: ha trasformato un governo ombra nell’unica certezza politica esistente da qui fino al prossimo governo in carne ed ossa, il che equivale a dire da qui a chissà quando. Quando ha varcato il portone del Palazzo lo definirono una sbiadita «fotocopia»; poi, a riprova del principio che il potere logora chi non ce l’ha, ora chiamano lui e il suo staff «Chigi Uno», avendo retrocesso i renziani capitanati da Maria Elena Boschi a «Chigi Due». Ha imbroccato il vento della ripresa economica e ha fatto di tutto per non disturbarlo con inutili ginnastiche politiche («Qui si governa e non si parla di politica», è il suo motto in Consiglio dei ministri). Ha piazzato anche due colpi non da poco, il reddito di inclusione, prima misura universale per i poveri, e il biotestamento. Le unioni civili invece le ha fatte Renzi. Resta la grande ferita finale dello ius soli, ma Gentiloni si trova nella singolare situazione di non poter rischiare di essere battuto al Senato nemmeno a legislatura finita. Tutti quelli che odiano Renzi dicono di amarlo. Curioso destino per un renziano. È diventato il volto umano del Pd, utilizzabile per tutto, da un governo di larghe intese a un governo d’emergenza, in caso di risultato elettorale non utilizzabile.