Il flop dell’assegno ai separati con figli Aiuti solo a 3 donne
Utilizzati 12 mila euro sui 750 mila stanziati
Si chiama «Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno», 750 mila euro che la legge di stabilità del 2015 aveva previsto per gli anni 2016 e 2017. È una cifra messa a disposizione di persone separate (praticamente sono sempre donne) alle prese con il partner che per qualche motivo non versa l’assegno di mantenimento. Funziona così: se un coniuge è inadempiente l’altro chiede il pagamento della quota mensile allo Stato che poi si rivale su chi avrebbe dovuto pagare e non l’ha fatto.
Certo «è poco», fu l’obiezione dei matrimonialisti che comunque accolsero con favore l’aiuto possibile per famiglie in difficoltà. In effetti non era una gran cifra. Eppure oggi, quasi alla fine del periodo per il quale quel Fondo era stato creato, si scopre che dei 750 mila euro stanziati ne sono stati utilizzati soltanto 12 mila (stando agli ordini di pagamento emessi fin qui). Totale delle donne che hanno avuto l’assegno statale, chiamiamolo così: tre, tutte nel 2017. Insomma: un grande flop. E siccome era una misura sperimentale si può dire a questo punto che l’esperimento è fallito. Ma la domanda è: perché?
Verrebbe da rispondere che quel tipo di aiuto non interessava ai potenziali beneficiari. Cioè: non so come tirare a campare, potrei avere dallo Stato l’assegno che mio marito non versa e non lo chiedo, quindi sono io che non sfrutto questa possibilità. Ma la verità è che le modalità di accesso e di assegnazione del Fondo sono stati ostacoli molto spesso insormontabili, come hanno messo a fuoco avvocati e giudici civili in questi due anni di assegni mancati.
Non è che sono state poche le richieste, è che hanno prevalso di gran lunga (quando non totalmente) le bocciature. A Milano, per esempio, hanno presentato istanza una ventina di donne, ne è stata accolta soltanto una. In altri tribunali d’Italia non è passata nessuna delle istanze e in altri ancora non ne sono state presentate.
Del resto è molto facile essere esclusi dai requisiti richiesti per ottenere l’assegno di solidarietà. Tanto per cominciare si può ottenere soltanto se si è formalmente separati. Non possono chiederlo i divorziati né chi esce da una coppia di fatto. E poi il requisito fondamentale è avere dei figli o minorenni, oppure maggiorenni ma con gravi disabilità. Non sono ammessi i separati senza figli e sono escluse anche le coppie che hanno figli ma non sono sposate.
Per essere chiari: una donna con figli minorenni nati fuori dal matrimonio non ha diritto all’assegno dello Stato, anche se le sue condizioni di bisogno risultano identiche a quelle di una donna sposata che ha avuto figli da suo marito (lei sì che avrebbe diritto ad attingere al Fondo). Con tanti saluti al principio che, dal punto di vista dei diritti, equipara tutti i figli, che siano nati o no da un’unione basata sul vincolo matrimoniale. E infine: zero possibilità anche per chi ha figli maggiorenni senza problemi di salute, non importa se non sono ancora indipendenti economicamente.
Poi ci sono gli aspetti pratici-burocratici a complicare ancora di più il quadro generale. Essendo sperimentale, il Fondo di solidarietà non è diventato materia trattata da tutti i tribunali d’Italia, se ne occupano soltanto i giudici di una trentina di città capoluogo di provincia. La scelta perciò non è libera ma è legata al luogo di residenza. Per non parlare dei tempi necessari a veder riconosciuto il diritto all’assegno (ammesso che si superino prima gli altri passaggi).
Una specie di lotteria, e chi «vince» può ottenere al massimo 400 euro al mese. Questa è la cifra avuta dalle tre separate arrivate fino alla fine del percorso, a Milano, Sassari e Napoli. Per le escluse, invece, la legge non prevede nemmeno una raccomandata che dica: ci dispiace la sua domanda non è stata ammessa.