Gobino, l’artigiano 4.0 che con la tecnologia ha reinventato le praline
Un artigiano, una materia prima nobile come il cacao, macchinari a controllo numerico e un laboratorio dolciario come quelli «di una volta». Il tutto in una palazzina torinese da cui escono ogni anno 150 tonnellate di cioccolatini. I migliori del mondo. È il “regno” di Guido Gobino, artigiano del cioccolato che in 30 anni, puntando su innovazione e ricerca, ha conquistato i mercati mondiali scalzando molti nomi noti del cioccolato italiano.
Gobino è un self made man. Prima di lui la Guido Gobino non esisteva. Era un laboratorio di trasformazione del cacao conto terzi guidato dal padre. Tutto cambia quando nel 1985 a 27 anni, dopo aver lasciato gli studi per poi riprenderli, aver fatto il rappresentante di hi-fi e il ragioniere all’Italgas per 5 anni, Gobino va dal padre: «Gli dico che bisogna cambiare tutto. Producevamo un ottimo cioccolato ma i margini erano bassi, avevamo bisogno di nuovi macchinari e soprattutto di un marchio. A Torino c’erano Peyrano, Caffarel, Streglio. Volevo che Guido Gobino diventasse come loro». A distanza di 30 anni la sfida è vinta: «Il segreto? Ho continuato a puntare sull’innovazione quando gli altri smettevano di farlo. E poi la qualità». Unite a una distribuzione che con negozi monomarca o di terzi raggiunge oggi quasi ogni angolo del mondo. L’innovazione è soprattutto nel prodotto. Gobino ha creato decine di cioccolatini: il Cremino al sale, per esempio, premiato come migliore pralina del mondo, o il Maximo +39 miglior gianduia per quattro anni di fila. Ma l’innovazione è anche nell’organizzazione del lavoro: l’80% del personale in Gobino è donna, «sono più determinate, responsabili e meticolose. Hanno una miglior capacità di risolvere problemi». Inoltre in fabbrica l’alternanza scuola-lavoro è tradizione consolidata e si organizzano stage per gli studenti dell’Università del Gusto di Pollenzo.
Ma l’impronta, e la passione, restano quelle dell’artigiaper no. In chiave moderna: «L’artigiano oggi è colui che ha la conoscenza delle lavorazioni e della materia prima e le mette a disposizione della tecnologia per migliorare il prodotto». Il futuro? I negozi monomarca. «Forniscono la cassa che ci serve per produrre — spiega —, siamo praticamente senza debiti, i soldi alle banche li chiediamo per nuovi macchinari». Con un bilancio così, Gobino è perennemente corteggiato. «Avances ne ho di continuo — ammette —. Ho ricevuto proposte da un grande gruppo alimentare, ma voleva la maggioranza e io non voglio cederla. Sarà mio figlio a decidere il futuro».