Corriere della Sera

Sogni di libertà Gambardell­a scruta le stanze a cielo aperto

- di Luca Molinari

Ènotte e il caldo dell’estate siciliana si fa sentire. Mi guidano alla camera in una situazione irreale tanto il silenzio è denso, la porta pesante si apre, poi un lungo corridoio buio e, sulla sinistra, un taglio nella parete che conduce alla stanza da letto. La sorpresa è forte; lo spazio è circolare, nero, verticale, occupato da un letto che ha la stessa forma. Mi muovo cieco lungo la parete liscia finché non trovo un interrutto­re, lo giro e un rumore metallico invade la stanza; guardo in alto e mi accorgo che il tetto si sta aprendo, lento, svelando una meraviglio­sa stellata. In quel momento l’aria calda comincia a salire rendendo l’ambiente accoglient­e. Il sonno mi porterà via, perso nel decifrare il cielo notturno, le costellazi­oni e il rumore del mare poco lontano.

L’esperienza della Torre di Sigismondo di Raùl Ruiz all’interno del potentissi­mo Atelier sul Mare a Castel di Tusa e ideato trent’anni fa da Antonio Presti, è una delle immagini più immediate quando si pensa alle stanze a cielo aperto e a tutto quello che continuano a rappresent­are nella storia dell’Umanità.

Perché questa strana tipologia architetto­nica, che apparentem­ente non ha funzione reale ma che ritroviamo a tutte le latitudini, ogni volta, con forme e misure differenti, sembra raccontarc­i qualcosa di molto arcaico e profondo di cui abbiamo ancora bisogno.

Sono mura costruite che delimitano un confine, protezione artificial­e ma insieme apertura accoglient­e a Madre Natura che stabilisce un legame forte tra cielo e terra. Le stanze a cielo aperto sono una misteriosa terra di confine tra il mondo nomadico e quello stanziale, tra il chiuso della casa e il paesaggio che la circonda, tra i riti domestici e gli dei che imperversa­no là fuori, definendo un terreno ambiguo in cui realtà e il mito si abbraccian­o.

Ogni tenda con il suo occhio aperto al cielo è così, ma anche i cenote Maya, il Pantheon romano, la Villa Adriana, il giardino pensile del Palazzo Ducale di Urbino o le centinaia di stanze aperte che proteggono orti e giardini dai venti marini lungo le coste del

mondo.

E questa immensa stanza blu che è il Mare Mediterran­eo è diventata la fonte d’ispirazion­e per un poetico lavoro dell’architetto napoletano Cherubino Gambardell­a dedicato alle «Open Air Rooms» ed esposto fino all’8 gennaio 2018 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Chicago nell’ambito della Seconda Edizione della Biennale Internazio­nale di Architettu­ra.

Quattordic­i tavole compongono una stramba stella marina che invade la parete di colori, visioni, frammenti di memorie che incrociano indifferen­temente antico e moderno ricordando­ci che questo «mare interno» ha il potere di tenere tutto insieme, anche in un tempo come il nostro che lo vede testimone di tragedie immani.

Gambardell­a non è alieno da questo genere di esperienze provocator­ie e il suo ossessivo lavoro sui collage è nutrimento per il suo percorso tra progetto e teoria, ma la scelta delle stanze a cielo aperto codegli me cuore di questa riflession­e in forma d’immagini è molto interessan­te perché pone al centro uno spazio che apparentem­ente non ha funzione.

Liberarsi dalla dittatura della funzione è infatti uno obiettivi che una parte evoluta dell’architettu­ra contempora­nea sta provando a cercare, per generare spazi resistenti al tempo e agli usi, universali perché poliedrici, elementari perché parlano al cuore delle persone offrendo possibilit­à abitative fluide come è il tempo che abitiamo.

In questa quadreria contempora­nea che mescola felicement­e Pompei e Villa Malaparte, il giardino surrealist­a per il signor Beistegui di Le Corbusier ai sogni mediterran­ei di Schinkel e Gilly, James Turrel e le ville capresi di Cosenza, Rudofsky e Ponti (è tutto nel catalogo, segnalato qui a fianco), troviamo le radici della nostra cultura e, insieme, frammenti fragili per immaginare futuri diversi in cui potrebbe essere emozionant­e recuperare quel legame indissolub­ile tra cielo e terra che sembriamo aver smarrito.

 ??  ?? A Chicago L’Attico Beistegui di Le Corbusier a Parigi visto da Gambardell­a, esposto fino all’8 gennaio
A Chicago L’Attico Beistegui di Le Corbusier a Parigi visto da Gambardell­a, esposto fino all’8 gennaio
 ??  ?? A Parigi Sopra, l’attico Beistegui, realizzato da Le Corbusier nel 1929-31 e oggi andato distrutto
A Parigi Sopra, l’attico Beistegui, realizzato da Le Corbusier nel 1929-31 e oggi andato distrutto
 ??  ?? Che tempo fa «The Deer Shelter Skyspace» di James Turrell, presso lo Yorkshire Sculpture Park
Che tempo fa «The Deer Shelter Skyspace» di James Turrell, presso lo Yorkshire Sculpture Park

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