Corriere della Sera

Gabbani: adesso basta scimmia

Il trionfator­e del Festival 2017 e quell’inchino a Mannoia

- di Aldo Cazzullo

G

li milioni italiani di hanno volte sul riascoltat­o web la sua 173

vittoria Occidental­i’s a Sanremo, Karma. poi Prima il tormentone la dell’anno. dell’estate: l’artista poco. Di lei Chi però, è veramente? Gabbani, si sa «Un artista che cerca di suscitare emozioni. Non mi va di espormi politicame­nte; però a mio modo faccio politica. Pachidermi e pappagalli è una satira sulle fake news e sui complottis­ti della rete». Come hanno reagito?

«Sono stati coerenti con sé stessi. Hanno scritto che appartengo alla massoneria e/o alla lobby gay». In effetti andrà al Gay Pride di Madrid.

«Mi hanno invitato e ne sono felice. Nonostante i passi avanti, ancora oggi in Italia non è facile uscire allo scoperto. Nel mio piccolo sono un sostenitor­e della comunità gay; ma non ne faccio parte». È fidanzato? «Da sei anni, con Dalida: fa la tatuatrice». Lei quanti tatuaggi ha?

«Neanche uno. Non ne ho mai sentito l’esigenza, ma apprezzo chi si fa tatuaggi con un senso: è un aspetto della propria interiorit­à reso visibile». Figli?

«Non sono capitati, e per ora non li ho voluti. A un figlio vorrei dedicare tutta la mia energia. Abbiamo un cane: Ettore».

Un altro suo successo si intitola «La mia versione dei ricordi». Il suo primo ricordo qual è?

«Il senso di angoscia e di abbandono quando mio padre usciva di casa per andare a lavorare, nel negozio di strumenti musicali che abbiamo ancora, a Carrara. Poi arrivava mio nonno Sergio a farmi smettere di piangere. C’è ancora, ha 94 anni». Cos’ha fatto? «L’operaio tornitore, tutta la vita. Una persona

onesta, molto sensibile. Ha avuto un’esistenza circoscrit­ta. Di grande sentimento e nessuna passione. Mi ha sempre affascinat­o». E l’altro nonno?

«Nonno Angelo era contadino. Sordo da un orecchio, dopo essere caduto in mare da una nave durante la guerra. Mio papà è cresciuto alla Padula, che ora è un parco comunale ma allora era la tenuta dei signori Fabbricott­i. Ricordo una lastra di marmo con i versi di Dante: “Lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti…”. L’ho messa in un quadro». Dipinge? «In uno stile indefinibi­le». Carrara è terra di anarchici. «Un po’ anarchico mi sento anch’io, almeno nei sentimenti. E mi piace scalare le Apuane». Grillo le piace?

«Un grande showman. Come Renzi: l’ho conosciuto sul palco di Maurizio Costanzo, non è affatto antipatico come lo raccontano». E Berlusconi? «Un grandissim­o showman». Chi voterà il 4 marzo?

«Si assomiglia­no più di quel che pensano: per loro la politica è comunicare. Voterei tutti e tre. In fondo siamo colleghi». Non vale: bisogna scegliere. «Non mi schiero. Non salirei mai sul palco con nessuno di loro. Mi ruberebber­o la scena». Andrea Bocelli è delle sue parti.

«Lo conosco, è cliente di mio padre: viene a comprare tastiere, pianoforti. Papà è stato anche a casa sua, a curare le luci per un concerto di beneficenz­a. Ha una musicalità notevole, merita il suo successo; ma il genere che pratica non mi interessa molto. Non ci trovo nulla di innovativo». Lei suona fin da piccolo, vero?

«Sì, la batteria, poi la chitarra. Improvvisa­i il primo concerto a 4 anni, con l’asta del microfono e le luci, in piedi sulla cassapanca di vimini. L’esordio vero è stato il disco con la mia band di allora, i Trikobalto. Avevo 19 anni, stavo per dare la maturità classica». Ora ne ha 35. Il successo è arrivato tardi, con la vittoria a Sanremo giovani 2016.

«Era la terza volta che provavo. Mi scartarono al Sanremo della Clerici, poi a quello di Morandi. Mi son detto: basta, proviamo ancora questa volta, poi cambio mestiere. E se non fosse per Carlo Conti e Massimo Giletti, sarei a badare alle mucche in alta Val Badia, il mio luogo dell’anima». Conti la portò al Festival. Giletti che c’entra?

«Ero stato eliminato. Ma la sala stampa non aveva potuto votare: non funzionava­no i pulsanti. Ci fu una mezza rivolta. Anche a Giletti la mia canzone, Amen, era piaciuta. Capì che doveva farsi sentire subito. Così a Radio2 videro arrivare un energumeno che interruppe le trasmissio­ni per protestare: era Massimo. La risposta ufficiale fu che c’era stato un errore nel conteggio dei voti. Mi riammisero in gara. Vinsi». Cos’era successo in realtà?

«Non si è mai capito. Ma ormai tutto era rimbalzato sui social, non potevano far finta di nulla. Se non fossimo nell’era del web, forse sarebbe finita diversamen­te».

Dopo la vittoria del 2017 lei si è inginocchi­ato davanti alla seconda classifica­ta, Fiorella Mannoia. Come mai?

«Un gesto spontaneo. Mi sentivo quasi in colpa. Dopo mi hanno buttato su un Van dai vetri scuri; alzo lo sguardo e vedo di nuovo lei, Fiorella. È stata molto carina, ma si intuiva la grande delusione: aveva partecipat­o con l’idea di vincere. Avrei voluto scomparire: i cinque minuti più imbarazzan­ti della mia vita». E la scimmia?

«Mi ha rotto un po’ le scatole. Pare quasi che Sanremo l’abbia vinto lei... Ancora adesso trovo gente che dice: “Guarda, c’è quello della scimmia!”. Per carità, l’ho voluta io, come rappresent­azione del mio alter ego, di una seconda coscienza; e anche come omaggio alla scimmia nuda di Desmond Morris. È stato un espediente per attirare l’attenzione; e una parte del pubblico ne ha anche compreso il significat­o. Ma ora basta». Con Morris vi siete conosciuti.

«Un grande. Ha ragione lui: dietro la nostra emancipazi­one intellettu­ale, ogni gesto mira a soddisfare i nostri istinti animali». L’hanno accostata a Battiato.

«Lo stimo molto, ho anche suonato prima di un suo concerto. Mi emoziona pensare che ci sia qualcosa di suo nella mia musica. Ma trovo discutibil­e un certo misticismo, figlio di studi dogmatici. Come se credere fosse un atto dovuto, scontato». Lei non crede in Dio, in una realtà trascenden­te?

«Mi piacerebbe crederci; però ho come un blocco. Trovo difficile accettare un dogma. Ma anch’io sono alla ricerca di un senso». Non crede neppure all’immortalit­à dell’anima? «Non lo so. Direi di no. Non so se ho un’anima o una coscienza intellettu­ale».

Dopo di dissacrare «Occidental­i’s la cultura Karma» dell’Oriente. l’hanno accusata

«Al contrario: abbiamo ironizzato sulle distorsion­i che se ne fanno nella nostra parte di mondo. Con mio fratello Filippo abbiamo scritto la melodia di getto, cantandola in un inglese maccheroni­co. Il testo è di Fabio Ilacqua: il mio alter ego della parola, che però sa molte più cose di me. Ha trovato le figure paradossal­i e i neologismi per esprimere esattament­e quello che volevo dire io: la rete è la nuova filosofia». O la nuova ideologia. «O la nuova religione». Può essere pericolosa?

«Sì, la libertà d’espression­e assoluta può fare molto male, a sé stessi e agli altri. Troppi traggono conclusion­i senza sapere nulla. Troppi scrivono commenti da frustrati. Ho fatto un video dichiarand­o fin dall’inizio che era un remake di Last Christmas degli Wham; e a migliaia mi hanno accusato di copiare. Ma se te lo sto dicendo io!». «Occidental­i’s Karma» però ha avuto molte parodie efficaci.

«È vero. La migliore è quella di un gruppo di bambini svizzeri. Mi è piaciuta anche la versione thrash di Danny Metal: quando una canzone gira bene, la puoi vestire in qualsiasi modo. Cambia sempre, e resta sempre la stessa». Lei ha scritto una pezzo per Celentano, «Il bambino col fucile». Vi siete incontrati?

«Mai. Ci siamo sentiti al telefono, mi ha invitato da lui, ma non ci siamo beccati. Lo apprezzo. Però il massimo per me è Jannacci». Baglioni?

«Non è il mio preferito, anche se ha avuto una carriera strepitosa: Piccolo grande amore è un capolavoro. Farà un bel festival». Jovanotti?

«Mi piacerebbe molto lavorare con lui. Mi colpisce il modo in cui riesce a esprimere concetti con suggestion­i visive». Pippo Baudo ha detto al «Corriere» che lei non rimarrà.

«E mi ha fatto soffrire. Ho sempre collegato il festival a Baudo. Mi è spiaciuto molto sentire un commento così cattivo e superficia­le, tipo haters della rete, da una figura così rappresent­ativa». Le restano pur sempre le mucche dell’alta Val Badia. «Adoro. è aprire Sia lassù le mucche uno studio sia la di valle. registrazi­one, Il mio sogno dove scrivere la mia musica».

 ??  ?? Dal vivo Il cantante Francesco Gabbani, 35 anni, durante un’esibizione sul palco del teatro Ariston a Sanremo. Di fianco a lui il ballerino Filippo Ranaldi, nei panni della scimmia di «Occidental­i’s Karma», la canzone che l’11 febbraio scorso ha vinto...
Dal vivo Il cantante Francesco Gabbani, 35 anni, durante un’esibizione sul palco del teatro Ariston a Sanremo. Di fianco a lui il ballerino Filippo Ranaldi, nei panni della scimmia di «Occidental­i’s Karma», la canzone che l’11 febbraio scorso ha vinto...
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Sul palco Francesco Gabbani in ginocchio davanti a Fiorella Mannoia

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