«Ho perso Sofia, Vannoni millantava»
Il padre della piccola di 8 anni morta e il caso Stamina: «Nessuno ci ha aiutato»
«La nostra non sarà mai una battaglia per il metodo Stamina. Vannoni è un millantatore. Sapevamo che le infusioni di cellule staminali non avrebbero rigenerato i neuroni. Sofia non sarebbe guarita ma da quelle infusioni ha avuto benefici. Perché ci hanno impedito di continuarle?». Sono le parole dei genitori di Sofia, la bambina di 8 anni e mezzo morta di leucodistrofia metacromatica.
«La nostra non è stata e non sarà mai una battaglia per il metodo Stamina. Davide Vannoni è un millantatore e nulla ha inventato. Noi insieme a Sofia, continueremo a batterci per aiutare le decine di migliaia di bambini affetti da patologie neurologiche rare e le loro famiglie a non essere più invisibili». Guido De Barros, 43 anni, architetto, e la moglie Caterina Ceccuti, giornalista e scrittrice, sono il padre e la madre di Sofia, la bambina di 8 anni e mezzo morta sabato sera di leucodistrofia metacromatica, una rara patologia genetica. I funerali saranno celebrati giovedì mattina alle 11 nella basilica di San Miniato al Monte a Firenze e saranno in tanti a darle l’ultimo addio.
Per sette anni i suoi genitori hanno combattuto per dare a quella amatissima e unica figlia, nata sana e poi colpita dal male a 16 mesi, una vita, se pur breve, dignitosa. Guido e Caterina hanno sacrificato le loro professioni e reinventato la loro vita. Hanno fondato una onlus (Voa Voa! Amici di Sofia) sempre più partecipata. E hanno chiesto, inascoltati, di continuare le infusioni di cellule staminali.
«Sapevamo che non avrebbero rigenerato i neuroni come millantava Vannoni con il metodo Stamina — spiegano — perché non esiste alcun laboratorio al mondo in grado di sostituire cellule neuronali malate con cellule sane. No, Sofia non sarebbe guarita, però da quelle infusioni avrebbe continuato ad avere benefici, come noi stessi abbiamo constatato e come del resto in tutto il mondo la scienza ha stabilito. E invece, dopo un primo via libera, è arrivato il no del ministero. Siamo stati ghettizzati dalla medicina ufficiale, nessun medico è venuto a controllare i progressi di nostra figlia e soprattutto si è fatto confusione con il metodo Stamina e le infusioni di staminali. Erano e sono due cose diverse. Il primo, quello di Vannoni, millantava la rigenerazione dei neuroni, e dunque era una truffa. Ma l’uso di staminali ha in questi casi effetti benefici. Non guarisce ma allevia le sofferenze».
Papà Guido e mamma Caterina non vogliono più parlare di Stamina e soprattutto di Vannoni, non un medico ma un laureato in Scienze della comunicazione, già condannato per truffa e associazione per delinquere e ad aprile arrestato per aver continuato all’estero la sua attività ritenuta illegale. Ma i due genitori annunciano che continueranno a impegnarsi perché mai più un bambino affetto da una malattia rara sia trascurato e ghettizzato. «Insieme e nel nome di Sofia, ci batteremo perché non ci siano medici che, come accaduto a noi, ci sbattano in faccia con cinismo una verità atroce. Ci dissero che Sofia era condannata e avremmo dovuto pensare al prossimo figlio ricorrendo a una diagnosi prenatale. Non abbiamo avuto alcun sostegno psicologico, nessuno ci ha spiegato quali fossero i nostri diritti esigibili. Li abbiamo scoperti per caso, giorno dopo giorno. Come la possibilità di chiedere un’indennità, la comodità importantissima di ottenere un pass per disabili per spostarci in città con l’auto. Nessuno ci ha informato perché appartenevamo a una piccola minoranza e dunque eravamo il nulla, come lo sono oggi decine di migliaia di famiglie. In Toscana, che ha forse il miglior servizio sanitario d’Italia, ci siamo sentiti abbandonati. Aveva vinto la “legge dello scarto” che, come ha detto Papa Francesco, in questa società annulla chi non può salvarsi».
La onlus dei genitori di Sofia crede nella ricerca scientifica e tra le molte iniziative già programmate ha finanziato con 16 mila euro un progetto di ricerca all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze con l’obiettivo di mettere a punto un test per la diagnosi precoce della patologia di Sofia, attraverso lo screening neonatale. «Insieme a Sofia faremo grandi cose», promettono Guido e Caterina. Arriveranno altri bambini? «Lasciateci elaborare il lutto — risponde Guido — ma non mettiamo limiti alla Provvidenza».
La battaglia «Insieme a nostra figlia continueremo a combattere per i bimbi affetti da malattie rare»