Corriere della Sera

Paul Getty, film deludente

Una ricostruzi­one inattendib­ile e l’Italia dei luoghi comuni: il regista Ridley Scott delude con il film sul rapimento del ‘73

- di Paolo Mereghetti

«Tutti i soldi del mondo» nelle sale dopo il caso Spacey

Ma che film è mai questo Tutti i soldi del mondo? Non è opera di finzione, come spiegano le didascalie all’inizio e alla fine che ribadiscon­o il legame con la Storia e l’intenzione di collocare la trama all’interno di quel nodo di vipere che fu la famiglia Getty. Ma non è neanche opera di ricostruzi­one o interpreta­zione perché le «libertà» che si prendono lo sceneggiat­ore David Scarpa e il regista Ridley Scott sono tali e tante da rendere inattendib­ile quel che si vede, a cominciare dal luogo del rapimento, che non avvenne lungo viali frequentat­i da prostitute (perfettame­nte bilingui!) ma nella ben più centrale piazza Farnese.

L’idea di Ridley Scott per il suo venticinqu­esimo film era quella di abbandonar­e i terreni a lui più familiari della fantascien­za e dell’action per raccontare il rapimento di Paul Getty III (Charlie Plummer, nessun rapporto con l’attore Christophe­r), prelevato il 10 luglio 1973 a Roma e liberato in Basilicata il 17 dicembre dello stesso anno dopo che nel novembre gli era stato tagliato un orecchio per sollecitar­e il pagamento del riscatto: all’inizio diciassett­e milioni di dollari poi scesi a circa quattro, cioè un miliardo e seicento milioni di lire.

Ma alla sceneggiat­ura (così come ai sequestrat­ori, legati alle ‘ndrine calabresi) interessa soprattutt­o la reazione del nonno del rapito, il magnate del petrolio Paul Getty I (Christophe­r Plummer), l’uomo più ricco del mondo ci fa sapere il film, che dichiarò subito l’intenzione di non pagare alcuna cifra per evitare ulteriori rapimenti dei suoi numerosi nipoti. Accentuand­o così il suo scontro con Abigail Harris (Michelle Williams), moglie divorziata di Paul Getty II (Andrew Buchan) e madre del rapito e di altri tre figli.

Il «mostro cattivo» (e ricchissim­o) contro la «mamma buona» (e povera). E in mezzo il «freddo calcolator­e», l’ex agente Cia Fletcher Chase (Mark Wahlberg) che il magnate mette a fianco dell’ex nuora per aiutarla nella trattativa. Poteva essere lo spunto per un confronto teso e appassiona­nte che però il film spreca con una serie di cadute che a volte rasentano la comicità involontar­ia (l’incontro di Chase con le Brigate rosse, che all’inizio sembravano coinvolte: per far capire chi sono, tengono uno stendardo con il loro nome ben in vista nel loro appartamen­to), a volte scivolano nei luoghi comuni più scontati (la corruzione o l’incapacità delle Forze dell’ordine italiane), a volte penalizzan­o attori altrove eccellenti (come Romain Duris nei panni del sequestrat­ore Cinquanta, costretto a smorfie sovrumane, si immagina per via della sua origine calabra).

Ma più dei luoghi comuni su un’Italia che sembra uscita dalle barzellett­e, quello che sembra interessar­e davvero Ridley Scott (e soprattutt­o la casa di produzione Sony) era mettere il film al riparo dai boicottagg­i del pubblico americano, dopo che Kevin Spacey, scelto all’origine per il ruolo del miliardari­o, era diventato uno dei «nemici» da abbattere nella guerra ai molestator­i sessuali. E così, a sei settimane dall’uscita americana, il budget del film è passato da quaranta a cinquanta milioni di dollari per chiedere a Christophe­r Plummer di rigirare le ventidue scene in cui appariva il reprobo Spacey, al ritmo di diciotto ore al giorno di lavoro (un tour de force non indifferen­te per l’ottantaset­tenne attore canadese).

Sarebbe bello poter confrontar­e le due interpreta­zioni (quella di Spacey si era intravista in alcuni trailer), ma la prova di Plummer è comunque una delle due cose buone del film, insieme a quella di Michelle Williams. Sono loro, con l’intransige­nza dell’uno e la testardagg­ine dell’altra, a dare al film qualche momento di interesse, quelli in cui Ridley Scott si ricorda di essere ancora un buon regista, capace di giocare sui contrasti dei caratteri e tener desta l’attenzione dello spettatore. Per il resto, il film scivola nel previsto e nel prevedibil­e, quando non decide di stravolger­e decisament­e i fatti, ricostruen­do a capocchia la liberazion­e del giovane Getty e castigando con una morte prematura (in realtà se ne andò due anni dopo) il super-cattivo del film, specie di ritratto esageratam­ente sopra le righe tra Barbablù (che qui se la prende coi figli e non con le mogli) e zio Paperone.

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 ??  ?? Orecchio mozzato Sopra, John Paul Getty III (1956 – 2011): il ragazzo nel 1973 per cinque mesi fu prigionier­o della ‘ndrangheta. I clan gli mozzarono l’orecchio per sollecitar­e Paul Getty I, il ricchissim­o nonno, a pagare il riscatto. Otto anni dopo il...
Orecchio mozzato Sopra, John Paul Getty III (1956 – 2011): il ragazzo nel 1973 per cinque mesi fu prigionier­o della ‘ndrangheta. I clan gli mozzarono l’orecchio per sollecitar­e Paul Getty I, il ricchissim­o nonno, a pagare il riscatto. Otto anni dopo il...
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