Carlotta, uccisa a nove anni da un batterio
Venezia, la bambina in vacanza con la parrocchia a luglio era stata colpita da un virus rarissimo Il messaggio della madre: «Quello che il bruco chiama fine del mondo, per gli altri è una farfalla»
«Dicono che dietro a questi occhi non ci sia più niente. Ogni ricordo, ogni azione, dimenticati in te, ma dannatamente presenti in me. Tu continua se puoi, che papà sarà sempre fiero di avere una figlia come te». Due mesi fa, a inizio novembre, Umberto Trevisan affidava alla bacheca virtuale di Facebook i suoi pensieri, il suo dolore, le sue speranze: sua figlia Carlotta, 9 anni, lottava per la vita aiutata solo dai macchinari del reparto di Pediatria di Padova. A un mese di distanza quelle stesse apparecchiature sono state spente e ai giovani genitori non è restato altro da fare se non sperare in un miracolo, che purtroppo non c’è stato: il 30 dicembre, di prima mattina, la piccola è morta dopo un calvario durato 5 mesi, gettando nello sconforto non solo amici e parenti della coppia di Fiesso D’Artico (Venezia), ma anche i tanti sconosciuti che durante queste durissime settimane hanno sperato e pregato per lei.
Carlotta Trevisan si era ammalata a fine luglio, di quella che inizialmente sembrava una banale, anche se feroce, gastroenterite: tornata da una vacanza con la parrocchia nel Bellunese, a Laggio di Cadore, la bimba aveva i sintomi di una dissenteria ed era stata portata subito al pronto soccorso di Dolo, vicino a casa; dimessa dopo tutti i controlli con la raccomandazione di restare sempre idratata, Carlotta ha dovuto presto tornare in ospedale: le sue condizioni erano infatti peggiorate sempre di più nell’arco di poche ore. È stato allora che i medici le hanno diagnosticato la sindrome emolitico-uremica, una malattia acuta rara, che rappresenta però la più importante causa di insufficienza renale in età pediatrica. «Con il secondo accesso la nostra Pediatria ha colto i segnali di allarme e ha ipotizzato quella malattia, poi confermata dagli esami di laboratorio — aveva spiegato il primario del reparto, Luca Vecchiato, difendendosi dalle accuse per una diagnosi tardiva —. Si trattava di una rarissima patologia, determinata da un batterio in grado di produrre una potente tossina capace di provocare danni renali e cerebrali, ed è stato quindi deciso di trasferire immediatamente la paziente presso la terapia intensiva pediatrica di Padova, centro specializzato. Un ricovero anticipato non avrebbe comunque modificato il decorso».
Diversi i modi in cui la bambina può aver contratto il virus — carne cucinata male, latticini non pastorizzati, contatto con animali ruminanti infetti — ma i sanitari hanno escluso un focolaio di contagio sia prima che dopo l’infezione, visto che Carlotta è sempre stata tenuta isolata. Il 30 dicembre le finestre di Fiesso D’Artico splendevano di tanti piccoli lumicini, una manifestazione di empatia che i concittadini hanno dedicato alla famiglia. «Quello che il bruco chiama fine del mondo, per tutti gli altri è una magnifica farfalla», scriveva domenica su Facebook la mamma di Carlotta, Novella Vanzin. Poco altro è stato detto negli ultimi giorni, i genitori hanno chiesto il silenzio: «Non è questo il momento per altre considerazioni», ha risposto a tutti Umberto Trevisan.
Il primario «Gravi danni renali e cerebrali: un ricovero anticipato non avrebbe modificato il decorso»