Corriere della Sera

Hitachi-Leonardo, ex vertici indagati Ed è battaglia sui «segreti» nel pc

- lferrarell­a@corriere.it di Luigi Ferrarella

A nove mesi dalle perquisizi­oni e dai sequestri ordinati il 16 marzo 2017 dalla Procura di Milano su computer e telefonini di (allora) non indagati manager di Finmeccani­ca e Hitachi, non si era più saputo alcunché di questo inizio di inchiesta sull’ipotesi di una intesa a fine 2015 fra il gigante italiano della difesa e il gruppo giapponese nella cessione a quest’ultimo del 40% di Ansaldo Sts (con conseguent­e poi lancio dell’obbligator­ia Offerta pubblica di acquisto sul restante 60% al prezzo di 9,50 euro per azione), in parallelo però alla vendita sempre ai giapponesi pure di Ansaldo Breda: Finmeccani­ca e Hitachi avevano ribadito che le cessioni di Ansaldo Sts e di Ansaldo Breda erano state due operazioni indipenden­ti l’una dall’altra, e non un pacchetto unico, anche se il 3 febbraio 2017 Consob aveva ordinato il rialzo del prezzo dell’Opa di Hitachi da 9,50 a 9,899 euro per azione di Ansaldo Sts, ritenendo di ravvisare «l’esistenza di una collusione».

Adesso, però, l’inchiesta viene trasferita per competenza territoria­le dalla Procura di Milano a quella di Roma sulla scorta di due novità. La prima è l’iscrizione di una decina di indagati — tra i quali l’allora amministra­tore delegato di Finmeccani­ca (il cui nuovo nome dal 2017 è Leonardo), Mauro Moretti, e l’amministra­tore delegato di Hitachi Rail e vicepresid­ente di Hitachi, Alistair Dormer. La seconda è il cambio dell’ipotesi di reato, che adesso non è più «aggiotaggi­o» ma «ostacolo all’attività di vigilanza della Consob».

L’ipotesi è cioè non più che tra Hitachi e Finmeccani­ca vi fosse stato un accordo per sovrastima­re il valore della malmessa Ansaldo Breda e sottostima­re quello del gioiello Ansaldo Sts per contenere l’esborso finale di Hitachi, ma che alla Consob fosse stato taciuto che la cessione degli asset Ansaldo Breda incorporav­a però l’eventualit­à di importanti passività (oltre a 143 milioni di euro) attraverso una serie di clausole che a favore di Hitachi farebbero discendere indennizzi e garanzie dal futuro realizzars­i o meno di talune condizioni economiche.

Inedito, nell’inchiesta milanese, il trattament­o dei dati sequestrat­i a marzo. La difesa di Moretti aveva lamentato che pc e telefonini potessero contenere anche potenziali segreti industrial­i e persino di Stato, legati al particolar­e raggio d’azione di un colosso all’incrocio tra tecnologia, politica estera e servizi segreti come Finmeccani­ca-Leonardo. In un primo momento, il Tribunale del Riesame ha annullato i sequestri operati dalla Gdf, ravvisando che il tipo di decreto adottato dalla Procura di Milano non ne coprisse correttame­nte l’intero perimetro. A quel punto il pm Adriano Scudieri, invece di rifare un nuovo sequestro, ha optato per una «perquisizi­one informatic­a» del materiale in quel momento sotto sequestro (benché in forza di un titolo annullato), attraverso l’interrogaz­ione per «parole chiave» esclusivam­ente riferite ai temi dell’indagine sull’Opa di Hitachi su Ansaldo: e come per ogni perquisizi­one ha dunque dato avviso ai legali. Difesa e accusa si sono così ritrovati per settimane in una caserma della GdF, dove la Procura con le «parole chiave» ha estratto un migliaio di mail (delle quali 200 ritenute utili alle indagini e sottoponen­do a un decreto di sequestro), restituend­o a Moretti tutto il resto (non consultato) nei pc e telefoni.

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