Corriere della Sera

Le stelle della tv delle origini che non vedremo più brillare

- di Aldo Grasso

Il primo pensiero dell’anno vada a un padre fondatore della tv. Vito Molinari ha appena pubblicato un libro sul varietà: Le mie grandi soubrettes (Gremese editore). Le «sue» divine si chiamano Elena Giusti, Monica Vitti, Delia Scala, Wanda Osiris, Sandra Mondaini, Marisa Del Frate, Franca Rame, Loretta Goggi…

Forse ai lettori più giovani questi nomi dicono poco. Forse non molti sanno che il varietà era una babele di attrazioni varie prese in prestito dal teatro, dal circo, dall’operetta, dal cinema (gli spettacoli leggeri della tv delle origini devono molto al varietà). Forse (ed è l’ultimo dubbio) il nome di Vito Molinari è solo un’eco lontana. Eppure, di quel periodo aureo è sempre più necessario ricostruir­e la memoria storica, perché quei «pionieri» si sono inventati dal nulla il linguaggio televisivo, tagliando e cucendo moduli narrativi sottratti, appunto, al teatro, al cinema, al varietà, alla radio.

Dopo un inizio di carriera in teatro, dal 1954 Molinari si è dedicato quasi esclusivam­ente alla regia televisiva, cominciand­o con i varietà Un,

due, tre (1954), Ti conosco mascherina (1955) e l’operetta No, no, Nanette (1955), di cui ha curato anche le edizioni del 1961 e 1974, e proseguend­o con La via del successo (1958), con Walter Chiari,

Valentina (1958), firmata con Marchesi e Metz, e

L’amico del giaguaro (1961). Nel 1962 ha diretto l’edizione di Canzonissi­ma, rimasta memorabile per la censura di uno sketch di Dario Fo e Franca Rame da parte dei vertici della Rai.

Regista e coautore di Macario più nel 1978, l’anno seguente ha diretto il musical televisivo di Garinei e Giovannini Mai di sabato signora Lisistrata e nel 1981 ha curato un omaggio a Gilberto Govi. E non è finita qui. I ricordi contenuti nel libro permettono di ricostruir­e un mondo che conosciamo soltanto attraverso i frammenti di Techeteche­tè ma che nasconde stelle di prima grandezza. Un vero peccato non vederle più brillare.

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