Noi in tilt sotto tre metri di fiocchi L’emergenza meteo è solo umana
Che la neve in inverno possa fare notizia è una cosa singolare. È vero che ne è venuta giù tanta, ma se il posto in cui ne cadono tre metri in poche ore si chiama Sella Nevea non ci dovremmo sorprendere troppo. Dalla mia finestra di pianura, in questi giorni di festa, fa impressione vedere il serpente di luci che a sera scende sinuoso e lento dal Piancavallo, la montagna dei pordenonesi. Non è una fiaccolata di maestri di sci. È la colonna d’auto che chiude la giornata di sciatori e turisti della neve. Distinguo le due categorie perché mi sembrano due specie umane diverse. I primi salgono all’alba, perfettamente attrezzati, su auto in grado di affrontare anche la banchisa polare. È gente abituata a cercare la neve anche a tre ore d’auto di distanza; le levatacce sono diventate per loro un automatismo, anche se la neve, quest’anno, è a portata di mano. I secondi si muovono più tardi, dalle nove del mattino in poi, famiglie intere su auto senza gomme invernali, «tanto ho le catene nel cofano». E infatti si fermano inevitabilmente a metà salita, dove il verde dei prati comincia a coprirsi di bianco. È allora che scoprono che, oltre a comprarle e infilarle in auto, uno dovrebbe anche saperle montare, le catene. È il momento in cui l’ascesa verso i campi innevati si trasforma in qualcosa di simile alla ritirata di Russia. Ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi, alla famigerata curva del Bornass, che nei mesi invernali riempie le cronache dei quotidiani locali di tamponamenti a catena e liti feroci fra automobilisti. È in quel punto, a metà dell’ascesa, che molte mogli hanno perso per sempre la stima per un coniuge trasformatosi in un mostro infangato e bestemmiante chino su uno pneumatico intorno al quale cerca inutilmente di calzare le catene. E se il matrimonio resiste oltre il Bornass, non reggerà comunque all’impossibile ricerca di un parcheggio vicino alle piste. Per questo da anni non vado in montagna. Mi piace la neve, ma me ne tengo lontano. Non perché mi faccia paura: i nostri vecchi, ma anche noi, ricordiamo inverni peggiori di questo. Quello che mi preoccupa è la gente d’oggi: la sua impreparazione, l’incapacità crescente di gestire una cosa normale come una robusta nevicata. Mi sembra un’emergenza non meteorologica, quanto piuttosto umana. La tragedia di Rigopiano non è stata una catastrofe naturale, ma una somma d’incompetenze, furbizie, rapacità. La neve è sempre la stessa, la quantità di questi giorni non è certo apocalittica. Siamo solo noi a non essere più capaci di gestirla. Il serpente di luce che scende lento dai monti è bello, ma preferisco guardarlo di lontano.
Le reazioni Non siamo di fronte a un fenomeno apocalittico eppure ci troviamo spesso impreparati e stupiti