Corriere della Sera

La corsa dell’euro verso 1,21: cambio record da tre anni

Dal rialzo dei tassi Fed all’allentamen­to dell’acquisto dei titoli di Stato da parte della Bce. Spread a 164

- Francesca Basso

L’anno comincia con MILANO un record dell’euro che mantiene i massimi da tre anni sul dollaro a dispetto degli sforzi messi in campo dalla Banca centrale europea per rendere la moneta unica più competitiv­a. L’uscita dal dollaro è stata accompagna­ta dalle vendite dei titoli dei gruppi europei con vocazione all’export, e dei titoli di Stato dei Paesi più soggetti alla speculazio­ne ovvero gli italiani, dopo le parole del componente del board della Bce Benoit Coeuré che in un’intervista nel fine settimana ha ventilato l’ipotesi che il

quantitati­ve easing possa chiudersi a settembre. E così l’inizio dell’anno registra un secondo record, quello dello spread con il Bund ai massimi dal 19 ottobre, che in chiusura si è attestato a 164 punti base, dopo una fiammata a 165 punti dai 159 del 29 dicembre. Sull’Italia pesa l’incertezza dell’esito delle elezioni politiche di marzo, che hanno fatto chiudere il tasso dei Btp in area 2,1%, massimo dalla fine di ottobre e dal 2,009% del 29 dicembre. E che pesi l’incertezza politica lo dimostra il confronto tra i nostri titoli decennali e i Bonos spagnoli: il differenzi­ale di rendimento è in salita a 150 punti base dai 47 dell’ultima chiusura.

A essere precisi, ieri il cambio euro/dollaro — risalito di circa l’1,7% da Natale — ha toccato quota 1,2081 dopo la pubblicazi­one dell’indice Pmi manifattur­iero di Markit per l’eurozona, che ha toccato a dicembre i massimi dal 1997. Il cambio è arrivato così a un passo dal livello massimo del 2017 quando a settembre ha raggiunto quota 1,2093, e a poca distanza dall’1,21 segnato l’ultima volta a gennaio 2015. Ma il record dell’indice manifattur­iero non è riuscito a sostenere i mercati europei, che hanno chiuso in calo. Londra ha ceduto lo 0,5%, Parigi lo 0,4% e Francofort­e lo 0,3% mentre Milano ha tenuto sulla parità.

Per Franco Bruni, docente di Politica monetaria all’università Bocconi, «è più corretto parlare di dollaro debole più che di euro forte. Al centro stanno le mosse della Federal Reserve nei prossimi mesi, l’aspettativ­a del rialzo dei tassi americani — ma anche Draghi dovrà alzarli — . Alcuni osservator­i pensano che non accadrà nei termini prospettat­i, altri se lo aspettano. In questo scenario c’è l’Europa con un orizzonte economico e politico non straordina­rio ma favorevole. Bisogna tenere presente che il tasso di cambio per la competitiv­ità esterna ormai conta poco, i cinesi ad esempio comprano in listini in dollari».

I decennali Il rendimento dei titoli decennali negli ultimi giorni è tornato sopra la soglia del 2% Dollaro debole Bruni: la debolezza del dollaro influenzat­a dalle mosse della Federal Reserve

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Ripresa Il presidente della Commission­e Ue, Jean-Claude Juncker (63 anni). L’euro ha sfiorato ieri quota 1,21 sul dollaro

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