Corriere della Sera

La fatwa anti speculazio­ne contro la moneta virtuale

- di Roberto Tottoli

Per l’Islam ogni aspetto dell’agire umano deve essere ispirato ai dettami della legge religiosa. Corano e pronunciam­enti del profeta Maometto ne sono i principi fondanti. Le attività economiche non sfuggono a tale principio. In ambito finanziari­o, ad esempio, la legge islamica proibisce l’interesse, equiparato all’usura, vieta investimen­ti in beni proibiti dall’Islam oppure, in generale, ogni attività economica marcata da un carattere aleatorio o speculativ­o.

Le regole dell’Islam In ambito finanziari­o la legge islamica proibisce ogni attività a carattere aleatorio Shawqi Allam, Gran Mufti d’Egitto, ha proibito l’utilizzo della moneta web

Sul caso dei Bitcoin vi è da tempo divergenza di pareri. Fatte salve le esplicite e accettate proibizion­i citate sopra, tale divergenza ruota intorno al fatto se i Bitcoin debbano essere considerat­i denaro a tutti gli effetti, benché virtuali, e se in quanto denaro siano riconducib­ili a ciò che Maometto ha prescritto o proibito in proposito. Per i favorevoli i Bitcoin sono ancor più saldi delle monete basate sul debito, come quelle degli stati sovrani, mentre per gli oppositori il carattere virtuale ne determina una natura speculativ­a inaccettab­ile e contraria all’islam. Allo stesso tempo, però, se i Bitcoin sono piuttosto considerat­i un sistema di pagamento, persino con un carattere di incertezza minore rispetto ad altre forme contrattua­li, i riferiment­i tradiziona­li possono essere diversi e, di conseguenz­a, implicare prescrizio­ni religiose contrastan­ti.

L’ultima fatwa di Shawqi Allam, Gran Mufti d’Egitto, proibisce senza mezzi termini i Bitcoin. Sebbene provenga da una delle maggiori autorità islamiche, pare fondata su argomentaz­ioni non risolutive. Non è la prima in tal senso, ed evidenzia tutta la complessit­à del rapporto tra finanza contempora­nea e le prescrizio­ni religiose islamiche: le ingiunzion­i sono influenzat­e da ragioni di politica economica non meno che da complesse argomentaz­ioni tradiziona­li.

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