La ribellione anti sacchetti e i piccoli costi dell’ecologia quotidiana
La cifra nello scontrino. L’accusa: «Tassa mascherata». Galletti: «No, è un atto di civiltà»
Si tratta di pochi euro all’anno. Eppure ne è nato un caso. La scelta del governo di far pagare a chi fa la spesa il costo dei sacchetti biodegradabili per la frutta e la verdura dal primo gennaio ha provocato un inatteso cortocircuito, finendo per tracimare in campagna elettorale. C’è chi sostiene che è l’ennesimo rincaro e chi invece dice che l’ecologismo ha un costo anche se spesso preferiamo farlo pagare agli altri. Siamo pronti a tutto, ad esempio, per costringere la Cina a inquinare di meno, ma quando tocca a noi le cose cambiano.
Un pasticcio. Per pochi euro all’anno. Al massimo 15, considerando in media un paio di sacchetti ultraleggeri al giorno per confezionare frutta e verdura. Eppure tale da generare proteste e malcontento nei supermercati. La scelta del governo di far pagare a chi fa la spesa il costo degli shopper biodegradabili dal 1° gennaio ha provocato un inatteso cortocircuito, finendo per tracimare in campagna elettorale con scambi di accuse e teorie complottiste. Tra chi parla di «un atto di civiltà» (il copyright è del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti) e chi denuncia un raggiro ai danni dei cittadini, «una tassa voluta dal Pd», arringa Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.
La normativa Ue
Eppure il governo ha semplicemente recepito, a due anni dall’emanazione, una direttiva dell’Unione europea che ha l’obiettivo di ridurre esponenzialmente il consumo di sacchi di plastica perché non ecosostenibili. Ha deciso di farlo seguendo una strada in solitudine (in Europa) per finalità, che potremmo definire, pedagogiche. Fonti del governo che hanno partorito l’emendamento al decreto legge Mezzogiorno poi convertito in Parlamento, spiegano che il senso della misura sta tutto nel segnalare apertamente che i sacchetti ultraleggeri hanno un costo per tutti, per lo smaltimento dei rifiuti. Indicarlo come voce a sé nello scontrino significa far prendere coscienza dei nostri comportamenti. Fino al 31 dicembre questo costo è stato anticipato dalle aziende della grande distribuzione e dagli esercenti che l’hanno scaricato a valle sugli utenti incorporandolo come servizio aggiuntivo nei prezzi degli alimenti. È impossibile calcolare chi l’abbia fatto di più o di meno. Sono logiche legate alle strategie commerciali delle insegne, ma l’utente finora non poteva accorgersene. Si trattava di un costo occulto, per questo passava sotto traccia. Senza polemiche.
La circolare
Il 18 ottobre scorso il cambio di passo. Una circolare esplicativa del ministero dell’Ambiente, firmata dalla direzione generale per i rifiuti e indirizzata ai vertici di Federdistribuzione, Conad e Coop, chiarisce il da farsi. Viene stabilito l’obbligo di far pagare i sacchetti per gli incarti degli alimenti sfusi. Il costo oscilla, ricostruendo tutti i passaggi della filiera, tra gli 1 e 3 centesimi per shopper. Ma il governo opta per un compromesso prevedendo qualche malcontento della clientela. Concede alle insegne della distribuzione organizzata di venderli sottocosto. Facoltà concessa solo in alcuni periodi e per un numero ben determinato di categorie di prodotti per evitare di fare dumping sui produttori. Le associazioni dei consumatori però non vengono allertate. Tutti scoprono il 1° gennaio che c’è questo balzello aggiuntivo, che alimenta polemiche per principio. Pochi realizzano che il primo dell’anno è anche il giorno dei rincari delle tariffe autostradali, di luce e gas. Ben più considerevoli.
I sacchetti bio
E poi ci sono sacchetti e sacchetti. L’Italia, pur vantando una best practice nella filiera della bioplastica ed essendo dotata di adeguate strutture di compostaggio dei rifiuti organici, presenta una quota consistente di shopper fintamente biodegradabili. Contaminati da polietilene e poco sensibili alle procedure di compost che permettono di evitare di portare i rifiuti organici in discarica usandoli come concime dei terreni.
Una soluzione su cui sta investendo tutta la chimica verde. Ecco perché il ministro Galletti ha dichiarato che «il miglior rifiuto è sempre quello che non si produce». Per questo ha interrogato il dicastero della Salute per sondare la possibilità di consentire ai consumatori di usare sporte portate da casa in sostituzione dei sacchetti ultraleggeri.
Peccato che le bilance dei supermercati siano tarate sul peso degli shopper in uso. Leggerissimi. Così il rischio è che portandole da casa possa persino lievitare il conto della spesa alla cassa. Più di 3 centesimi a sacchetto. Una beffa ulteriore.