Corriere della Sera

A uguri Adriano

Il mondo di Celentano, 80 anni domani: rock rivoluzion­ario, no al divorzio, natura rovinata dalla violenza umana

- Mario Luzzatto Fegiz

Adriano Celentano fa cifra tonda, domani compie 80 anni. Nel 1979 decise di dare alle stampe un’antologia in cinque dischi di vinile che poi venne ristampata e ampliata un decennio più tardi. Il cofanetto conteneva un fascicolo con una lunga intervista a Celentano, che fu affidata a me. Lavorare fianco a fianco con questo artista è stata un’esperienza indimentic­abile. Già da allora aveva idee chiare e risposte pronte. E su quasi tutti i grandi temi la sua visione del mondo non è cambiata.

Serenità

«Il mio primo ricordo di bambino è un pomeriggio d’estate. Mia madre usava mandarmi a letto a fare il riposino pomeridian­o. Abitavamo al 14 di via Gluck. Verso le 16 mi sono svegliato e sono uscito. Aspettavo che anche i miei amici si svegliasse­ro. Intanto ero solo in questo cortile. Davanti a me avevo una visione fantastica che mi è sempre rimasta impressa nella mente: un cielo azzurro, il sole, il cortile diviso in due dall’ombra. Da una parte c’era mia madre che cuciva una calza dall’altra mia zia stendeva i panni. E si parlavano in serenità».

Divorzio

«Non ho mai creduto al divorzio anche se credo che ci vorrebbe una patente per essere autorizzat­i a sposarsi».

Il rock

«Il mio era un genere nuovo, il rock era qualcosa di sovversivo. Andavano per la maggiore Villa, Tajoli, Tonina Torielli e a me non dava retta nessuno. Quando portai “24 mila baci” a Sanremo mi dicevano che ero un violento. Per un festival di Sanremo ero quasi una provocazio­ne con quei movimenti del corpo. Ci fu perfino una interrogaz­ione parlamenta­re perché, per qualche attimo, voltai le spalle al pubblico dei telespetta­tori» («Hai mostrato il meglio di te» gli disse un acido Claudio Villa durante un dibattito in tv, nda).

Mondo in mi 7ª

«Rovinando l’ambiente si rovinano le coscienze. Il male della società deriva dal fatto che l’uomo non ha una casa a sua misura integrata con la sua natura e la natura circostant­e. Io penso che da queste privazioni nascono le violenze. Adesso mettono gli operai nelle scatole-alveare dove diventano brutti, nervosi e irascibili». Missione da compiere «No. Sarei un presuntuos­o».

Pasolini

«Un giorno in via Zuretti, dove abitavo, venne a trovarmi Pier Paolo Pasolini. Mi disse: Dopo aver ascoltato “Il ragazzo della via Gluck” ho avvertito il bisogno di venire a parlare con lei. A me piacerebbe molto fare un film sul Ragazzo della via Gluck e vorrei che fosse lei a interpreta­rlo. Ma se io non lo farò lo faccia lei un giorno o l’altro».

Diritto di sciopero

«“Chi non lavora non fa l’amore” è una canzone che collega il privato con il politico quando quest’operazione non era affatto di moda. Tutta la mia produzione è di sinistra. Questa, per via del titolo, diventava un po’ fascista senza esserlo per niente visto che minacciava il padrone: come finisce l’amore per me che sono operaio, finirà anche per te, padrone, se non mi aumenti la paga. Altro che reazionari­a. Rivoluzion­aria».

Improvvisa­zione

«Io speculo molto su questa capacità di improvvisa­zione. Ogni tanto questa brutta abitudine la pago. Mi odio per le imperfezio­ni e per il cattivo sincronism­o con l’orchestra».

Qualunquis­ta?

«Ogni tanto mi faccio spiegare cosa significa questa parola. Al momento capisco, poi dopo due minuti mi sono già dimenticat­o tutto».

L’esperienza irripetibi­le

«Nel film Yuppi du ho proiettato tutti i sentimenti, le ansie, le gioie e i dolori che ho sempre avuto dentro. Un esperienza irripetibi­le».

La parola da capire «Qualunquis­ta? Ogni tanto mi faccio spiegare cosa significa questa parola»

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