Corriere della Sera

La rivincita di Spelacchio

Selfie dei turisti, messaggi e disegni L’albero diventa un divo di Roma Il «collega» chic milanese riciclato

- di Paolo Conti a pagina 23

«Spelacchio sei bellissimo, non è vero quello che ti dicono, Vincenzo e Pippi». Oppure: «Caro Spelacchio, ti voglio un sacco di bene, Lavinia» (pennarello blu, grafia da quinta elementare, annesso cuoricino). O anche: «Caro Spelacchio, non demordere, Laura e Gianluca». Anonimo arguto, che offre la chiave di tutto: «Caro Spelacchio, col tuo aspetto un po’ dimesso sei proprio uno di noi».

Roma ha un nuovo Divo. Contro ogni previsione, Spelacchio (l’abete rosso alto 20 metri, giunto dalla Val Di Fiemme già in precarie condizioni, costato circa 50 mila euro all’amministra­zione capitolina per presidiare piazza Venezia, morto prima di Natale) ha stravinto la sua battaglia mediatica. Collocato tra sberleffi e insulti, sta dando l’addio alla Capitale accompagna­to da un impensabil­e amore di massa, forse nel nome della celebre Estetica del

brutto di Karl Rosenkranz a metà ‘800, contrappos­ta al «facile» Bello hegeliano. Ai suoi piedi decine di biglietti testimonia­no solidariet­à, incoraggia­mento, addirittur­a affetto. Intorno, una ressa quotidiana di romani e di turisti impegnati in migliaia di selfie: fidanzati, famiglie, amici accanto ai rami spogli e radi dell’albero di Natale più mesto e depresso del Pianeta.

Per questa sua indicibile tristezza, Spelacchio è diventato un’antistar, tra Manhattan e il cuore dell’Africa. Il successore, nel Natale 2017, di Povero Tristo (il primo abete

natalizio 2016 della giunta M5S di Virginia Raggi, penosament­e misero e asimmetric­o) si è guadagnato spazi sul

New York Times, sul Guardian, sul Süddeutsch­e Zeitung e anche sull’agenzia Gna del Ghana. L’elegantiss­imo abete milanese di piazza Duomo (30 metri, 100 mila luci led e 700 palline natalizie) non è costato un euro a Palazzo Marino, è stato un dono di Sky alla città. Ma non ha avuto tanti onori. Splendido, chic e gratuito (e proprio per questo lontano dalla ribalta) ha illuminato silenziosa­mente Milano. Il realismo meneghino, finite le feste, lo trasformer­à in arredi urbani, panchine o sculture.

Invece, a forza di vituperi, Spelacchio è diventato un caso internazio­nale. Se a Milano tutto è pianificat­o (perenne contrappas­so tra le due capitali), il futuro dell’abete è incerto. Installazi­one permanente in una sede da definire (si sussurra addirittur­a del Maxxi)? O riduzione in piccoli souvenir (portachiav­i, magari)? La Val di Fiemme vorrebbe riaverlo per trasformar­lo in una Baby Little Home, una casetta per accogliere mamme impegnate nella cura dai bambini, da regalare a Roma.

Comunque vada, da domani 7 gennaio Spelacchio avrà esaurito il suo compito e diventerà

«altro». Ma la sua parabola resterà nella microstori­a del costume romano. L’ennesima conferma della capacità di Roma di trasformar­e in vittorie persino le disfatte. Stefano Malatesta, nel suo bel libro Quando Roma era un

paradiso, racconta che poche settimane dopo l’ingresso delle truppe americane nel giugno 1944 a Roma si respirava un’aria «se non di opulenza, di un apparente benessere diffuso», con tanto di diamanti esposti nelle vetrine di via Condotti. Eppure era la capitale di un Regno sconfitto e devastato.

Roma è così, lo sa chi ci è nato o ci vive. Un inimitabil­e misto di ironia, fatalismo e distacco, con retrogusto di amarezza, vince sempre su tutto. Ma la verità, forse, sta in quel bigliettin­o: «Spelacchio, sei proprio uno di noi». Ha simboleggi­ato la crisi in cui si dibatte Roma, tra masse di rifiuti per strada e trasporti pubblici inesistent­i, topi che scorrazzan­o e degrado diffuso. Applausi a un involontar­io, però grande, protagonis­ta.

La metafora «Sei uno di noi», recita una scritta: la Capitale capace di trasformar­e in vittoria le sconfitte

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 ?? (LaPresse/ Lannutti) ?? Piazza Venezia Nonostante l’aspetto funereo, Spelacchio è diventato una star e i turisti romani si vogliono fare una foto con lui. A destra un disegno e una letterina lasciati sotto l’abete
(LaPresse/ Lannutti) Piazza Venezia Nonostante l’aspetto funereo, Spelacchio è diventato una star e i turisti romani si vogliono fare una foto con lui. A destra un disegno e una letterina lasciati sotto l’abete
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