Corriere della Sera

«L’Italia crescerà ancora»

Padoan: «Non escludo di candidarmi. Renzi? Con lui tante discussion­i»

- di Aldo Cazzullo

«L’Italia crescerà ancora — dice il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al Corriere — e io intendo ancora servire il mio Paese». Candidando­si alle elezioni? «Non lo escludo». Renzi? «Abbiamo avuto molte discussion­i, ma sugli 80 euro aveva ragione lui».

Professor da 4 anni. Padoan, Quale lei bilancio è ministro fa? dell’Economia «Semplice: della legislatur­a. il Paese sta Tutti meglio gli indici rispetto sono all’inizio migliorati: crescita, lavoro, finanza pubblica, occupazion­e — siamo ai livelli massimi di occupati — stato di fiducia».

Sullo stato di fiducia non direi. Il sentimento prevalente nel Paese pare ancora la sfiducia.

«Non ho detto che l’indice sia ai massimi; dico che è cresciuto. Tutto questo deve essere uno sprone a continuare. C’è un’agenda di riforme da implementa­re, da introdurre, da valutare». Cresciamo meno di altri Paesi, e abbiamo più terreno da recuperare.

«Sono d’accordo, soprattutt­o se si consideran­o le differenze geografich­e e fra gli strati sociali. Ci sono ancora moltissimi elementi di sofferenza. Dobbiamo combattere la povertà, aumentare l’inclusione, restringer­e il divario tra le regioni. C’è un’enorme quantità di cose da fare: i bisogni della gente devono ancora essere soddisfatt­i. Finché le riforme non vengono implementa­te, non incidono sulla vita dei cittadini, che non percepisco­no i migliorame­nti». A quali riforme si riferisce?

«Tante. Scuola, pubblica amministra­zione, giustizia. Ma la riforma fondamenta­le è l’occupazion­e». Con il Jobs act si sono creati soprattutt­o posti precari.

«Se le imprese sembrano preferire lavoro a tempo determinat­o, non vuol dire che il Jobs act sia sbagliato; vuol dire che va corretto, ad esempio ridisegnan­do gli incentivi che si sono esauriti. Il Jobs act ha avuto un enorme ruolo positivo, lo vedremo quando l’economia sarà stabilment­e in espansione. Serve a rompere la separazion­e fra garantiti e non garantiti: un’ingiustizi­a verso i giovani». Appunto: quando l’economia sarà stabilment­e in espansione?

«Oggi non cresciamo ancora abbastanza velocement­e ma — e qui faccio una mia personale previsione — la velocità di crociera aumenterà. Nella ripresa ci sono elementi struttural­i: le imprese stanno investendo per innovare, per rinnovare lo stock di capitale, per assumere capitale umano; e questo fa crescere il reddito potenziale, come per due decenni non è avvenuto. Stiamo risolvendo il doppio problema: l’uscita dalla crisi finanziari­a e bancaria, e dalla crisi di crescita, eredità di fine millennio». I conti pubblici sono in sicurezza?

«L’Italia è sul sentiero giusto. L’Istat ha appena certificat­o per il terzo trimestre 2017 un deficit al 2,1% del Pil, in linea con le previsioni.

Faccio notare che in questi anni la finanza pubblica italiana ha ottenuto risultati in piena coerenza con le previsioni; nelle passate legislatur­e, la maggior parte delle volte si sforava. Ora la barra è stata tenuta dritta, secondo gli obiettivi concordati con l’Europa». Ma il debito pubblico continua a crescere.

«Non è così. Il debito pubblico in rapporto al Pil ha registrato una flessione già nel 2015 e ora è stabilizza­to. Per il 2017 stiamo aspettando i dati definitivi: c’è una buona probabilit­à che anche quest’anno il debito diminuisca. Abbiamo lasciato la sciovia e cominciato la discesa».

Si diceva un tempo che in Europa andavamo con il cappello in mano. La politica renziana dei pugni sul tavolo ha pagato di più?

«In Europa vige un principio semplice: nei negoziati i Paesi ottengono risultati direttamen­te proporzion­ali alla loro capacità di rispettare le regole ed essere riconosciu­ti come Paesi che rispettano le regole. L’Italia ha dimostrato di sapere fare le riforme struttural­i, mantenendo una politica di saldo della finanza pubblica non ballerina ma costante. Poi ci sono i rapporti tra leader. Renzi è stato molto efficace nell’affermare che l’Italia è un Paese credibile, anche perché l’Italia ha dimostrato di esserlo. Il suo battere i pugni sul tavolo era

Se le imprese sembrano preferire lavoro a tempo determinat­o, non vuol dire che il Jobs act sia sbagliato; vuol dire che va corretto ridisegnan­do gli incentivi

sostenuto dalla credibilit­à». Com’è Schäuble? Odia l’Italia?

«Assolutame­nte no. Abbiamo un rapporto personale stretto, anche se spesso non ci troviamo d’accordo. Il fatto paradossal­e è che molti esponenti stranieri, in primo luogo tedeschi, adorano l’Italia, comprano casa da noi, parlano anche un po’ di italiano. Compreso il governator­e della Bundesbank Weidmann». Neppure Weidmann è cattivo?

«Non dico sia buono…Ma dopo aver pronunciat­o all’ambasciata tedesca parole che potevano suonare offensive verso l’Italia, come riparazion­e mi invitò a tenere una conferenza a Francofort­e introducen­domi in un modo che mi ha commosso». La Merkel riuscirà a fare il governo?

«Mi pare che la prospettiv­a della Grande Coalizione si stia indebolend­o. Non resterebbe­ro che nuove elezioni». Ai tavoli economici europei c’era anche Macron.

«Con Macron abbiamo avuto rapporti dialettici, franchi, diretti. Dai cantieri navali alla gestione di ST-Microelect­ronics». D’Alema parla di atteggiame­nto coloniale da parte della Francia.

«Non lo commento. C’è un atteggiame­nto di due Paesi industrial­i, uno — l’Italia — più industrial­e dell’altro, che collaboran­o e competono. La Francia è venuta in Italia forte di una situazione finanziari­a più robusta e ne ha approfitta­to; ma l’Italia sa fare il contrario. Fincantier­i è la compagnia che gestirà la nuova realtà cantierist­ica franco-italiana sia civile sia militare. Non so se D’Alema pensa che questo denoti un atteggiame­nto coloniale dell’Italia verso la Francia». D’Alema, cui lei fu vicino, le riserva spesso qualche stoccata.

«Conosco bene le stoccatine di D’Alema, è un genere che lo appassiona. Anch’io avrei in mente qualche stoccatina per lui, ma mi astengo. Gli sono molto affezionat­o. E non dimentico che una delle persone che mi telefonò per convincerm­i ad accettare questo incarico fu lui. Non so se si è pentito». E il rapporto con Renzi com’è stato?

«Molto interessan­te, faticoso, stimolante. Sempre dialettico. In alcuni casi il governo prese decisioni che io avrei preso in modo diverso». Ad esempio?

«Io avrei tagliato prima le tasse alle imprese, in modo che assumesser­o. Ma Renzi disse: no, siamo in una fase recessiva, dobbiamo sostenere le famiglie; e impose gli 80 euro. Devo riconoscer­e che aveva ragione lui. Eravamo in disaccordo sul rapporto deficit-Pil: lui voleva lasciarlo invariato, io volevo diminuirlo; e quella volta prevalse la mia posizione. Su quasi

tutto abbiamo avuto una discussion­e molto franca». te.Insomma, non eravate d’accordo su nien«Eravamo la strategia d’accordo di fare su le riforme. una cosa Il fondamenta­le: principale merito scossa all’Italia». del presidente Renzi è stato dare una Meglio «Sono due lui o persone Gentiloni? molto diverse. Renzi ha dato in condizioni molto al Paese, differenti. Gentiloni Per quanto sta dando possa molto essere malignamen­te interpreta­to, mi trovo bene con tutti e due. Del resto ho avuto esperienza con capi impegnativ­i. All’Ocse avevo Gurría, un vulcanoide. Al Fondo monetario il mio capo era Tremonti; e ho detto tutto». Si candiderà alle elezioni del 4 marzo? «Al mio futuro non ho pensato. Nessuno me l’ha chiesto, e io non chiedo nulla». Se glielo chiedesser­o?

«Non lo escluderei. Si può servire il proprio Paese in vari modi. Anche dall’estero, come ho fatto per 12 anni. L’importante è continuare a dare il mio contributo perché l’Italia prosegua nel percorso di riforme, crescita, risanament­o». Come andranno le elezioni? «Mi pare che nessuno dei tre blocchi avrà la maggioranz­a per governare da solo». È possibile un governo Pd-Forza Italia?

«In un quadro di elevata incertezza non si può escludere nulla. Mi sembra che questa incertezza diffusa sia già percepita, vedo un certo nervosismo sui mercati finanziari: con lo scioglimen­to delle Camere si è mosso lo spread, che era sceso a numeri molto contenuti». L’Italia può reggere mesi senza un governo con una maggioranz­a parlamenta­re?

«L’Italia potrebbe reggere mesi e mesi in cui i partiti negoziano fra loro, se l’attività di governo continua nella sua normalità: non solo l’ordinaria amministra­zione, ma tutto quello che può servire a continuare il percorso virtuoso. Gentiloni ha detto una cosa molto importante: il governo governa. In queste condizioni i partiti avranno il tempo per accordarsi; come accade in Germania e in Olanda, per non parlare della Spagna. Potrebbe essere una sorta di nuova normalità europea». Berlusconi e la Lega propongono la flat tax. Lei che ne pensa?

«La questione cruciale è il livello: c’è una bella differenza tra — per esempio — il 15 e il 25%. La Lega propone un numero insostenib­ile, Berlusconi un numero meno insostenib­ile. Una riforma fiscale che preveda la semplifica­zione delle aliquote sino a una sola, meglio due, la esplorerei. Ma c’è un problema di regressivi­tà: bisogna evitare che i benefici cadano in modo disproporz­ionale sulle fasce di reddito più elevate. E c’è un problema di equilibrio di finanza pubblica». È favorevole all’eliminazio­ne del canone Rai?

«Il problema non va posto come canone sì o canone no. Bisogna avere un progetto di lungo termine, con una idea di cultura e di servizio pubblico. Il modello di finanziame­nto dipende dal progetto culturale, non il contrario». La legislatur­a è stata segnata anche dalla crisi delle banche. «E noi l’abbiamo affrontata sia con riforme struttural­i, sia con operazioni di gestione delle

Su Angela Merkel La prospettiv­a della Grande Coalizione si sta indebolend­o: non restano che le elezioni Su Emmanuel Macron Con lui rapporti dialettici, franchi, diretti, dai cantieri navali a ST-Microelect­ronics Su Massimo D’Alema Mi telefonò per convincerm­i accettare questo incarico: non so se si è pentito

crisi in un contesto istituzion­ale e finanziari­o difficilis­simo, con l’Europa che ha cambiato regole in modo che dire accelerato è poco. Eppure abbiamo tolto di mezzo i focolai di crisi. Abbiamo salvato i risparmiat­ori e rimborsato gli obbligazio­nisti. Ci hanno perso solo gli azionisti e qualche investitor­e istituzion­ale. E il Wall Street Journal scrive che le banche italiane non sono più un problema». Allora perché l’opinione pubblica è furibonda? Forse per l’uso del denaro pubblico?

«Non dico sia tutto risolto. Ma in Italia la crisi ha interessat­o sette banche su 600: il Monte dei Paschi, le due venete, quattro piccole banche regionali. Il ricorso al denaro pubblico è stato infinitame­nte minore che in altri Paesi europei, con la Germania il rapporto è di uno a venti. Come ha detto Visco, la crisi bancaria è legata alla recessione: i debitori non pagano i debiti, le banche si tengono le sofferenze in pancia. Si poteva fare di più, le banche potevano accelerare le cessioni delle sofferenze, le autorità potevano convincerl­e ad accelerare la dismission­e. Unicredit ha ceduto sofferenze a un prezzo non fantastico, ma questo le ha permesso di ricapitali­zzarsi per 13 miliardi; a dimostrazi­one che nel sistema bancario italiano c’è vitalità». Chi ha messo in crisi sette banche?

«Di sicuro ci sono stati comportame­nti fraudolent­i da parte di amministra­tori che sapevano e hanno taciuto o hanno mentito. Questo ha generato uno choc violento per i risparmiat­ori». Visco è stato un buon governator­e? «Lo è stato e lo è».

Lei alla commission­e parlamenta­re ha detto di non aver autorizzat­o nessun ministro a occuparsi di banche. Ora la Boschi dovrebbe dimettersi?

«Non intendevo assolutame­nte questo. In realtà volevo dire una cosa banale: il problema di autorizzaz­ione sempliceme­nte non si pone, non è che dovessi autorizzar­e alcuno. Si parla solo della Boschi, ma la commission­e sta facendo un lavoro utile. Spero che metta tutte le informazio­ni a disposizio­ne del Paese». E dei 5 Stelle cosa pensa? «Ho letto la lunga intervista di Di Maio al

Mattino. Vedo il tentativo di appropriar­si di tante proposte in tante direzioni, una in contrasto con l’altra. E vedo la totale assenza di coperture finanziari­e. Non basta dire solo che si tagliano le spese, bisogna indicare quali. E l’idea di portare il deficit oltre il 3% promette solo di scaricare nuovo debito sulle prossime generazion­i». Sul taglio delle spese potevate fare di più?

«La spending review è un’operazione da fare in modo continuo, con un orizzonte di medio termine, che non dà risparmi cospicui. Certo, si può tagliare qualsiasi spesa, sanità pensioni, scuola, difesa; però poi non lamentiamo­ci se lo Stato non produce più servizi essenziali».

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 ??  ?? Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, 67 anni, è ministro dell’Economia da febbraio 2014, quando a Palazzo Chigi s’insediò Matteo Renzi. Ha proseguito il suo lavoro, con la stessa carica, con il governo Gentiloni
Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, 67 anni, è ministro dell’Economia da febbraio 2014, quando a Palazzo Chigi s’insediò Matteo Renzi. Ha proseguito il suo lavoro, con la stessa carica, con il governo Gentiloni
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