Conti pubblici, c’è l’incognita della manovra «primaverile»
La Commissione Ue si pronuncerà dopo le elezioni politiche, all’inizio di aprile
disponibile delle famiglie, e tutto sommato la spesa per gli interessi sul debito pubblico continua ad essere meno pesante di quanto si temesse. Nel 2017 è stata inferiore alle attese di 1,4 miliardi di euro, e anche questo aiuterà il contenimento del disavanzo del bilancio 2017, programmato al 2,1% (dopo il 2,5% del ‘16).
La manovra di finanza pubblica varata per il 2018, tuttavia, non è molto ambiziosa e prevede un aggiustamento minimo dei conti. Camminiamo ancora sul filo del rasoio e secondo la Ue e l’Ufficio parlamentare di Bilancio questo ci espone al rischio di una nuova procedura. L’imperativo del Tesoro e di Palazzo Chigi è, quindi, l’attuazione della manovra, per la quale servono in tempi molto brevi ben 63 provvedimenti attuativi. Dalle misure antievasione, dalle quali arrivano quasi tutte le nuove risorse, a quelle sulle pensioni, da varare entro fine gennaio, agli incentivi per il piano Industria 4.0, al super ticket, al contratto del pubblico impiego.
Il tutto sotto la pressione costante di Bruxelles e delle sue procedure di monitoraggio sui conti pubblici, che nelle prossime settimane rischia di divenire asfissiante. Mentre spinge per farci arrivare il più rapidamente possibile al pareggio strutturale di bilancio, al deficit «zero», la Commissione vuole ripassare al setaccio tutti i «bonus» di spesa che ci sono stati concessi negli ultimi anni.
L’Italia fa un uso ormai sistematico della flessibilità di bilancio prevista dalle regole della Ue, e Bruxelles vuole verificare che gli spazi di manovra concessi in passato siano stati utilizzati per le giuste finalità. Uno di questi passaggi importanti sarà, nei prossimi giorni, la verifica della spesa effettiva sostenuta per i migranti e per l’emergenza sisma. Il governo ha chiesto e ottenuto di scomputare dal disavanzo una somma pari allo 0,33% del Pil e ora la Commissione Ue vuole verificare che sia stata effettivamente spesa per quegli scopi (e qualche dubbio, almeno su quella per il sisma, esiste).
Il giudizio della Commissione Ue arriverà dopo le elezioni politiche, a inizio aprile. Ma solo tre giorni prima del voto, il primo marzo come tradizione, è già atteso un verdetto importante sull’andamento dei conti pubblici. L’Istat svelerà i dati del 2017 sul deficit e il debito pubblico in rapporto al Prodotto interno lordo, e a poche ore dalla chiamata alle urne sarà più chiaro se, come paventa la Ue, occorrerà anche quest’anno la manovra «primaverile» per sistemare i conti. Al Tesoro, al momento, lo escludono. Ma l’attenzione sui conti è massima, anche perché il sentiero rimane molto stretto.
La riduzione del rapporto tra il debito e il Pil nel 2017, che il ministro Pier Carlo Padoan ritiene possibile, sarebbe già un ottimo segnale in vista del giudizio finale dell’esecutivo e del Consiglio Ue. Dal 132% del 2016, secondo il Tesoro, si dovrebbe scendere al 131,6% considerando anche la spesa per il salvataggio delle banche (0,6 punti di Pil, 12 miliardi) che è stata contabilizzata nel debito e non nel deficit (Eurostat dovrà presto esprimere un giudizio formale su questa scelta).
Sul debito si concentra ovviamente anche l’attenzione dei mercati e delle agenzie di rating, che quest’anno rivedranno il loro giudizio sull’Italia anche alla luce del quadro politico post elettorale. L’economia, da parte sua, continua ad andare un po’ meglio del previsto, gli investimenti delle imprese non finanziarie vanno molto bene, salgono i consumi e il reddito