I geni, l’ambiente e il caso Ecco di cosa siamo fatti
Voglio parlare di natura e cultura o, meglio, del nostro continuo barcamenarci fra natura e cultura. Partendo da un evento. Di recente la stampa nazionale ha dato notizia di una pubblicazione del gruppo del famoso genetista americano Craig Venter. Quei ricercatori stanno analizzando da tempo un gran numero di genomi di diverse specie biologiche, inclusa la nostra.
Nell’ultimo esperimento hanno studiato i genomi di un migliaio di individui umani diversi e cercato di collegarli con l’aspetto fisico degli stessi, incluso ovviamente il loro volto. Sembra che la cosa abbia avuto successo in più dell’80% dei casi. La rilevanza pratica dell’osservazione non è di poco conto, perché ha direttamente a che fare con le questioni di privacy dei dati genomici. Ma non è di questo che voglio parlare.
Voglio parlare invece del modo nel quale una notizia del genere viene spesso accolta: «Non può essere vero. Dev’essere un’americanata». A sentire ciò a me sorge subito spontanea una domanda: ma che cosa pensavate che determinasse i tratti del volto di una persona? Il suo segno zodiacale? L’alimentazione? La professione dei genitori?
Molto probabilmente i più non pensano proprio niente, o si immaginano qualcosa di particolarmente complesso, lontano dalla biologia che non amano e più aderente all’effetto delle nostre decisioni, che secondo molti ci forgiano in tutto e per tutto. Perché i mediocri amano attribuirsi il merito della loro eccezionalità.
In verità il processo un po’ complesso è, ma una grossa influenza ce l’ha certamente il Dna, cioè il patrimonio genetico di ciascuno di noi, e questa è la ragione per cui di solito i parenti si somigliano tra di loro. Messe in questi termini, le cose sembrano abbastanza chiare, ma il fatto è che le persone preferiscono non pensare e attenersi piuttosto a cliché collettivi e mai verificati.
Tutti oggi sanno che esiste il Dna e che porta le informazioni biologiche necessarie per fare vivere e crescere ogni individuo, ma nel concreto non ci fanno troppo caso e non sanno assolutamente come questo porti e impartisca le indicazioni necessarie al corpo per assicurare la vita stessa.
Il fatto è che, per quanto facili ci si sforzi di fare le cose scientifiche, e per quanto le si cerchi di spiegare in maniera semplice e indolore, un po’ di fatica per conoscere la scienza bisogna farla, e non tutti hanno questa disponibilità e questa pazienza. La biologia di oggi è meno impegnativa della fisica delle particelle o dell’astrofisica, ma non molto meno.
Occorre memorizzare alcuni concetti chiave e studiare in dettaglio almeno alcuni processi. Altrimenti diviene tutto solamente un gioco di parole, e di giochi di parole ne abbiamo anche troppi. Voler comprendere la scienza di ieri e di oggi senza metterci impegno e tenacia, è soltanto follia.
Il Dna del patrimonio genetico porta direttamente le informazioni per specificare la sintesi di certe sostanze organiche, prime fra tutte le proteine, e indirettamente le istruzioni per la quantità, la localizzazione e l’occasione per realizzare tale sintesi e mettere in circolazione dette sostanze. Molte di queste operazioni conducono a un tratto somatico o a un comportamento; altre non sono così efficienti, ma fanno muovere al corpo solo i primi passi verso la definizione di un tratto specifico o di un comportamento.
Se le operazioni fossero tutte del primo tipo, il genoma detterebbe praticamente tutte le nostre caratteristiche anatomiche e funzionali, ma la presenza delle operazioni del secondo tipo rende il quadro più sfumato e conduce a una condizione biologica non determinata soltanto dai nostri geni. Generalmente parlando, i geni fanno una serie di proposte che possono venire interamente accettate oppure no, grazie all’intervento di altri fattori. Quali fattori? Uno è il cosiddetto ambiente e l’altro è il caso.
Si intende di solito per ambiente l’insieme delle condizioni esterne che caratterizzano la vita dell’individuo in questione: nutrimento, malattie, incidenti, agiatezza o meno, soddisfazioni e frustrazioni, insegnamento, scuola, interessi culturali, situazione sentimentale e via discorrendo. Per molte nostre caratteristiche l’ambiente può essere anche più importante del genoma, mentre per altre meno o molto meno. È anche chiaro che l’influenza dell’ambiente cresce con l’età della persona, perché gli eventi positivi o negativi si accumulano nel tempo.
Fino a qualche tempo fa i fattori in ballo presi in considerazione erano solamente questi due, i geni e l’ambiente, e fiumi di inchiostro sono scorsi per argomentare — senza misurare — quale fosse più importante per questa o quella nostra caratteristica personale. Oggi non è più così, o almeno dovrebbe esserlo, perché in Italia le cose arrivano sempre con enorme ritardo. Esiste in realtà un terzo fattore, il caso appunto, cioè l’insieme di eventi biologici che hanno luogo nel nostro corpo e che non sono direttamente riconducibili né a cause genetiche né a cause ambientali. Si tratta di centinaia di decisioni e microdecisioni che il corpo prende in ogni istante, soprattutto durante il periodo dello sviluppo, in tutte le sue parti, senza una precisa indicazione genetica o ambientale ed è costretto a prenderle, perché un istante dopo sarebbe troppo tardi.
In una determinata fase dello sviluppo e anche dell’apprendimento che dura tutta la vita, per fare un esempio, una cellula nervosa deve per forza prendere contatto con un’altra, alla sua destra o alla sua sinistra. Se esiste una precisa indicazione genetica o ambientale, quella la seguirà, ma se non c’è deve fare da sola. E quindi inventa, scegliendo a caso quella di destra o quella di sinistra, creando così tante piccole ma significative differenze nel corpo o nel cervello anche di due gemelli cosiddetti identici.
Noi siamo tutti diversi l’uno dall’altro per le nostre differenze genetiche, per quelle ambientali e per l’influenza del caso, che ci porta l’individualità e in definitiva la libertà. A differenza dell’ambiente, il caso opera soprattutto, ma non esclusivamente, nelle prime fasi della nostra vita, ed è questo probabilmente il motivo per cui l’esperimento che stiamo descrivendo non è al momento diagnostico nel 100% dei casi.
È da notare infine che, invecchiando, ci si somiglia sempre di più e non di meno, fra parenti ovviamente. Perché? Perché il fattore deterministico, quello genetico, non cambia nel tempo, mentre quelli non deterministici, ambiente e puro caso, possono cambiare direzione nel tempo e cancellare almeno in parte i propri effetti.