Corriere della Sera

Il mistero Joao Mario e la pazienza di Bagnoli

- di Cristiano Gatti

Se nella vita ti capita d’essere un giocatore famoso di una squadra famosa, se una sera l’allenatore ti sostituisc­e dopo un’ora e la tua tifoseria esplode in una standing ovation, due sono le possibilit­à: o sei proprio il migliore e la tua gente te lo vuole dimostrare, oppure sei proprio un disastro e la tua gente vuole solo dimostrare tutto il suo senso di liberazion­e. Joao Mario magari si starà ancora chiedendo quale delle due gli è toccata a Firenze, perché se è svelto di intuito com’è svelto di gambe non sembra così scontato che comprenda del tutto la situazione. A ogni buon conto, quando porti sulla schiena un numero come il 10 e sulle spalle un cartellino da 45 milioni, qualche domanda dovresti portela. È evidente: non funziona. Joao Mario e l’Inter non si prendono. Il 19 gennaio compirà 25 anni, ma schierato con la maglia dei Mazzola e dei Beccalossi sembra un loro coetaneo. Forse le tifoserie sono un po’ impietose, ma è lui il vero nominato parlando già di fallimenti. L’icona. E i paragoni dilagano. Uno dei più (ri)evocati è Pancev, al quale viene subito abbinato il famoso commento di Bagnoli: «Mi dite che con Pancev bisogna avere pazienza perché è macedone? Sarà. Io sono della Bovisa e non sono mica un pirla». Joao Mario non è macedone, Spalletti non è della Bovisa, ma a certe conclusion­i bisogna prima o poi arrivare tutti.

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