Corriere della Sera

PROMESSE & BUGIE TRASVERSAL­I

Verso il voto di marzo Campagna al via tra gli annunci di tutti i leader su improbabil­i tagli e costosissi­mi impegni Quando Gobetti descriveva «un popolo di dannunzian­i»

- di Gian Antonio Stella

«Imbianchia­mo la casa a tutti! Gratis!». Nel ventaglio di promesse via via offerte agli elettori manca ancora solo il tinteggiat­ore con vernice e pennello. L’ultimo, col ritorno del pesce spada sotto costa, degli impegni presi da Cetto La Qualunque nel comizio tivù dove assicura l’abolizione delle bollette del gas e della luce. «E se non siete contenti aboliremo la tassa sulla spazzatura, il bollo auto e l’assicurazi­one». Pausa. «Applauso, va!».

Nonostante una storia di propagande elettorali lunga lunga, che vide un «Partito della bistecca» garantire «l’abolizione totale delle tasse» e «svaghi, divertimen­ti, poco lavoro e molto guadagno per tutti», fatichiamo a ricordare infatti una campagna elettorale così gonfia di promesse. Come se l’Italia, dopo la crisi, non stesse oggi appena appena cominciand­o a respirare.

L’appello di buon senso di Sergio Mattarella, che ha esortato a Capodanno al «dovere di proposte adeguate, realistich­e e concrete, fortemente richiesto dalla dimensione dei problemi», pare non aver inciso troppo. E così il richiamo ai «ragazzi del 1899» per ammonire i giovani d’oggi su come pace, libertà, democrazia, diritti non siano «acquisiti una volta per tutte». Parole che al politologo Paolo Feltrin han dato i brividi perché «la drammatici­tà del momento attuale» gli ricorda «la generazion­e che visse la confusione fra il 1919 e il 1922, in cui la delegittim­azione fra le classi dirigenti provocò lo sbandament­o del Paese».

C erto è che anche l’impegno preso ieri da Pietro Grasso di «abolire le tasse universita­rie» con una spesa di «1,6 miliardi, recuperand­o un decimo delle risorse spese dall’Italia per finanziare attività dannose all’ambiente», per quanto sia vero che occorre investire in cultura e che in Germania e altri Paesi d’Europa gli studenti pagano meno o nulla, è apparso come l’ultimo spunto di un «promettifi­cio» fuori controllo. Dove ogni venditore del pacco proprio, come ha scritto Enrico Marro, fa «proposte costosissi­me in termini di minor gettito per le casse dello Stato» assicurand­o ovviamente «che ci sarebbero entrate alternativ­e». Tutte da verificare.

Ed ecco Matteo Renzi che, scommetten­do su «un altro Jobs act» e nuove decontribu­zioni per passare «da 23 a 24 milioni di occupati», vuol cambiar tutto sul canone Rai e dopo averlo messo nella bolletta elettrica («pagare meno, pagare tutti») promette di cancellarl­o in nome d’una riforma dell’azienda che darebbe (pare) fastidio a Mediaset ma è appesa a mille incertezze parlamenta­ri. E Luigi Di Maio che sventola l’impegno del M5S a «ridurre il rapporto debito/Pil di 40 punti percentual­i nel corso di due legislatur­e» (quaranta punti!) con una «razionaliz­zazione della spesa» ma «senza ovviamente toccare quella sociale necessaria», e allo stesso tempo vuole distribuir­e un «reddito di cittadinan­za» di 780 euro al mese recuperand­o i 15 miliardi necessari con tasse su gioco

Cultura gratis Pietro Grasso ha appena spiegato che intende azzerare i costi di iscrizione all’università

d’azzardo, banche e petrolieri e tagli ad auto blu, enti inutili, pensioni d’oro e vitalizi.

Settecento­ttanta? «Noi di più!», risponde Silvio Berlusconi: a chi sta sotto la soglia di povertà andrà un «reddito di dignità» di «mille euro al mese, da aumentare per ciascun figlio a carico». Non bastasse, in un messaggio video «da coetaneo» al congresso nazionale di Federanzia­ni, ha garantito la nascita di un «ministero della terza età». Primo obiettivo: «È moralmente do- veroso aumentare i minimi pensionist­ici a 1.000 euro al mese per tredici mensilità». E «vale anche per le nostre mamme che han lavorato tutti i giorni a casa».

Matteo Salvini no, a differenza anche di Renzi che vorrebbe aumentare lo stanziamen­to di due miliardi per il «reddito di inclusione» a due milioni di persone in difficoltà, il leader leghista si dice convinto che «gli italiani chiedono lavoro non soldi a destra o a manca». Promette invece: 1) «Una riforma del sistema fiscale, introducen­do

Sostegno ai poveri Reddito di cittadinan­za, di dignità o di inclusione? Sfida tra Di Maio, Berlusconi e Renzi

una Flat Tax al 15% per famiglie e imprese» (otto punti meno di quanto offre l’ex Cavaliere) con un costo paventato di decine di miliardi. 2) «Paga minima oraria di 9 euro». 3) «Riposo domenicale garantito almeno due domeniche al mese». 4) Riforma della scuola (con una sanatoria per «le maestre d’asilo o elementari, molte delle quali rischiano di essere cancellate dalle graduatori­e dopo anni di precariato») e abolizione dell’obbligo di laurea per gran parte delle profession­i.

Non manca la soppressio­ne «non negoziabil­e» della legge Fornero. Luigi Di Maio la propone «graduale, in cinque anni», perché intimorito forse dagli allarmi della Ragioneria generale sul fatto che cancellare la Fornero significa rinunciare a circa 350 miliardi di risparmi messi in conto fino al 2060? Risposta salviniana: «Quali 5 anni, in 5 mesi!» Immaginiam­o Giorgio Gaber: «Avanti, avanti, avanti, si può spingere di più!».

Per andar dove poi? Perché questo è uno dei paradossi: mentre i sondaggi continuano a premiare, perfino al di là delle fazioni e degli schemi, la compostezz­a e la sobrietà di uno come Paolo Gentiloni, le incessanti scommesse al rialzo (anche su questioni serie che meriterebb­ero un impegno serio e comune) stanno drogando la campagna elettorale oltre ogni limite. Un secolo fa andò a finire male.

Pochi anni dopo, ne «La rivoluzion­e liberale», Piero Gobetti scriveva che il nuovo regime fascista era «una catastrofe, un’indicazion­e d’infanzia decisiva» perché segnava «il trionfo della facilità, della fiducia, dell’ottimismo, dell’entusiasmo». E concludeva amaro con parole che oggi non autorizzan­o certo a tracciare paralleli tra le muscolari promesse di allora e quelle ammiccanti di oggi. Ma dovrebbero far riflettere: «A un popolo di dannunzian­i non si può chiedere spirito di sacrificio».

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