Corriere della Sera

La trattativa che si riapre

Il meno sorpreso è il leader di FI, l’irritazion­e del leghista

- di Francesco Verderami

Con l’annuncio di Maroni, il vertice di centrodest­ra di Arcore assume i contorni di un romanzo, il cui finale è tutto da scrivere.

Che strano: il meno sorpreso ROMA della «scelta di vita» di Maroni era Berlusconi, decisament­e compassato rispetto a Salvini, che non tratteneva la propria irritazion­e verso il compagno di partito. Eppure la mossa del governator­e di non ricandidar­si per il Pirellone, quando mancano ormai poche settimane all’inizio della campagna elettorale, crea un problema al centrodest­ra. E se davvero Maroni coltivava da tempo l’idea di mollare per «ragioni personali», avrebbe potuto anticiparl­o ai leader della coalizione, invece di rivelarsi incerto fino all’altro ieri, mostrandos­i turbato e offrendo argomentaz­ioni a dir poco contraddit­torie, che andavano dal «basta con la politica» al «resto comunque a disposizio­ne».

Il «romanzo» di Arcore

Insomma anche il Cavaliere avrebbe avuto validi motivi per aggiungers­i alle manifestaz­ioni di sconcerto del segretario leghista. Invece no. Così il vertice di Arcore — incentrato quasi del tutto sul «caso Lombardia» — assume i contorni di un romanzo, il cui finale è tutto da scrivere. L’ipotesi che le vicissitud­ine giudiziari­e e l’onta minacciosa della legge Severino abbiano spinto Maroni a passare subito la mano ha forte credito. Poi c’è la pista politica. Raccontano che Salvini scrutasse con particolar­e attenzione Berlusconi, mentre il padrone di casa parlava del convitato di pietra. E per un valido motivo: l’acerrimo amico di partito — che non ha mai mancato di opporsi alla sua linea — uscendo oggi dalla porta potrebbe rientrare domani dalla finestra.

Sia chiaro, è impensabil­e che Maroni diventi premier nel caso in cui il centrodest­ra vinca le elezioni. Tutt’al più potrebbe aspirare a un dicastero. Ma se il centrodest­ra non riuscisse a conquistar­e la maggioranz­a in Parlamento? Ecco l’insidia per Salvini, che ricorda la stagione del ‘94, quando Bossi ruppe al governo con Berlusconi e «Bobo» fu sul punto di schierarsi con il Cavaliere. Da allora i rapporti tra i due sono stati sempre molto stretti. Stretti fino al punto che Maroni potrebbe trasformar­si nel capofila dei «dialoganti» all’interno del Carroccio, e appoggiare il disegno di Berlusconi per sostenere un governo chiamato a gestire «nell’interesse del Paese» una fase di transizion­e.

Pensierini andreottia­ni che l’atteggiame­nto del padrone di casa hanno reso quasi palpabili, e che il capo della Lega ha voluto scacciare assegnan- do intanto al proprio partito il prossimo candidato al Pirellone. Ma se sul nome di Giorgetti (vice segretario della Lega) Berlusconi non ha manifestat­o dubbi, su quello di Fontana (ex sindaco di Varese) ha chiesto «una pausa riflession­e»: «Per figure minori è bene prima fare dei sondaggi». In effetti, cambiare in corsa potrebbe mettere a rischio il risultato, non a caso ieri Renzi ha lanciato il tweet «Forza Gori». Se il candidato

democrat è dieci punti dietro il governator­e uscente, contro una «figura minore» potrebbe avere qualche chance.

L’effetto election day

Su questo tema però Giorgia Meloni ha preso le parti di Matteo Salvini: con l’election day il centrodest­ra avrebbe comunque partita vinta, grazie all’effetto «trasciname­nto» del voto politico nazionale. In ogni caso il leader del Carroccio è pronto a fare oggi il blitz per chiudere questa vertenza e prepararsi a sistemare i conti con Maroni. Sarà un modo per non dare a Berlusconi un ulteriore spazio negoziale, anche perché — nel caso in cui Forza Italia puntasse davvero sulla Gelmini — la Lega chiederebb­e una maggiore percentual­e di collegi per l’uninominal­e. E la sfida tra il Cavaliere e Salvini in Parlamento si gioca proprio su quei numeri, che potrebbero essere determinan­ti per un eventuale governo di larghe intese.

Sarà pure stato un vertice unitario, e non c’è dubbio che un clima di coesione è rimbalzato ieri da Arcore, ma la sfida interna resta. E il leader leghista ha già dovuto concedere terreno a Berlusconi, con il riconoscim­ento politico della quarta gamba della coalizione, che diventa di fatto l’altra lunga mano del capo forzista: «Noi con l’Italia» siederà al tavolo del programma e a quello delle candidatur­e, ma sarà il Cavaliere il loro garante per i collegi che verranno concessi, si vedrà quanto limitati nel numero e nelle scelte sui nomi. È ovvio che Salvini punti a perimetrar­e anche quel confine, sapendo di dover fare i conti con la strategia di accerchiam­ento di Berlusconi, che in un’intervista al Foglio si propone (di nuovo) come il federatore del centro-destra e come argine contro «ogni tentazione demagogica».

Compresa la foto sotto l’albero di Natale, tutto appariva lietamente scontato ieri. Non fosse stato per il colpo di scena di Maroni. Anche se il Cavaliere non sembrava così sorpreso...

 ??  ?? Su Instagram La foto postata ieri da Silvio Berlusconi, 81, davanti all’albero di Natale della villa di Arcore con Matteo Salvini, 44 anni, e Giorgia Meloni, 40 anni
Su Instagram La foto postata ieri da Silvio Berlusconi, 81, davanti all’albero di Natale della villa di Arcore con Matteo Salvini, 44 anni, e Giorgia Meloni, 40 anni

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy