Corriere della Sera

Offensiva del regime su Idlib, migliaia di civili in fuga

Nella roccaforte ribelle nel Nord il rischio di una nuova catastrofe umanitaria. Si complica la conferenza di Sochi

- Marta Serafini

Gli analisti l’avevano previsto: il 2018 non segnerà la fine della guerra in Siria. Così, dopo Aleppo arriva il turno di Idlib, la roccaforte ribelle nel nord del Paese, controllat­a per lo più dal fronte jihadista di Tahrir al-Sham, l’ex Al Nusra. L’annuncio era stato dato già prima Natale, con la conferma del ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov. Dopo aver sconfitto l’Isis e aver riconquist­ato il 55% dei territori persi, Damasco punta verso Nord con l’appoggio dei raid russi e il sostegno delle milizie di Hezbollah. Ieri almeno 18 persone sono rimaste uccise e decine ferite, anche civili, nell’esplosione di un’autobomba contro una postazione di una fazione ribelle. Sempre ieri le forze lealiste hanno ripreso il controllo della strada per l’aeroporto di Abu alDuhur, perso nel 2015, di Sinjar, 14 chilometri più a sud e di altri tre villaggi, tagliando la via per i rifornimen­ti, con il rischio di una nuova catastrofe umanitaria. «Sono a rischio migliaia di persone», è l’allerta della Mezzaluna rossa.

Da novembre sono almeno 60 mila gli sfollati che si sono spinti al confine con la Turchia, andando ad aggiungers­i a quelli fuggiti da Hama e Deir Ez Zor. Il tutto mentre si prevede un aumento del flusso di rifugiati, con temperatur­e sempre più rigide.

Nonostante Idlib rientri nelle cosiddette zone di deescalati­on, l’offensiva è diventata particolar­mente cruenta a partire dal giorno di Natale, quando il comando delle operazioni è stato preso dal generale Suheil al-Hassan, ribattezza­to The Tiger, la tigre, considerat­o uno dei più feroci nella battaglia contro le forze ribelli. Le immagini diffuse dagli oppositori su Twitter mostrano interi villaggi polverizza­ti dalle bombe. E la tensione rimane altissima anche a Ghouta dove il regime tiene sotto assedio da ormai quattro anni più di 400 mila persone e dove a dicembre, dopo estenuanti trattative, solo poche decine di civili, tra cui malati terminali e bambini, sono stati evacuati.

La pace in Siria si allontana. Le milizie dell’opposizion­e più forti, Tahrir al-Sham e Jaysh al-Islam, ma anche i «moderati» dell’Esercito Libero hanno fatto sapere che non parteciper­anno alla conferenza di Sochi del 29 e 30 gennaio, convocata dopo un nuovo round di colloqui ad Astana, in Kazakistan. A decidere del futuro della Siria saranno ancora una volta Damasco, Ankara e Teheran. Con quali risultati, resta da vedere.

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