La filosofia per i bambini
P arlare di filosofia e associarla all’infanzia può risultare rischioso. Soprattutto per la complessità di certi temi, difficilmente fruibili da un pubblico giovane. Se invece si utilizza questa disciplina con lo scopo di metterla a «disposizione» dell’infanzia stessa, e più in generale della scuola, allora si aprono scenari importanti. Il tema è al centro di un volume curato da Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin, dal titolo
Philosophy for children in gioco
(Mimesis, pp. 228, 20), concepito a partire da un progetto scolastico proposto negli istituti di via San Giacomo e di via Palmieri, a Milano, grazie al Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai). Il libro, corredato da un dvd, ruota proprio intorno al concetto di «filosofia per l’infanzia»: ovvero, la volontà di portare nelle aule un tipo di riflessione che metta in discussione metodologie troppo rigide e che apra a nuovi spunti di riflessione. Come spiegano gli autori, «in gioco c’è il pensiero delle bambine e dei bambini, la loro autonomia e il loro sguardo critico». Come emerge dalle pagine del libro, l’infanzia è stata spesso considerata «un affare non sufficientemente serio» per la filosofia: l’invito è dunque ad ascoltare anche ciò che i più piccoli hanno da dire.