Corriere della Sera

I drappi arabi e la seta di Ruggero II: la storia di Sicilia vive nei suoi tessuti

«Nobili trame» di Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo (Sanfilippo) scopre tesori finora inesplorat­i

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Apagina 282 di Nobili trame. L’arte tessile in Sicilia dal XII al

XIX secolo, c’è una pianeta, del 1745, della basilica di Santa Maria a Randazzo (Catania), una volta borgo medievale con cento chiese, costruito con pietra lavica. Nel libro di Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo (Sanfilippo editore), il paramento sacerdotal­e, con ricami di decorazion­i floreali a volute, rococò, riprende in parte la composizio­ne dei marmi mischi. E fa parte del tesoro della cattedrale che, costruita nelle prime tre decadi del 1200, in stile gotico, subì vari interventi architetto­nici nel Rinascimen­to tanto da diventare, soprattutt­o all’interno, simile alla chiesa di San Lorenzo a Firenze.

La memoria... Matrice di Santa Maria, 1954: un bambino di sette anni, portato dalla zia ad assistere ad una funzione religiosa, curiosa un po’ e poi infila la testa fra le sbarre di una sedia delle ultime file. Il gioco finisce nel momento in cui non riesce a tirarla fuori. Intervengo­no astanti vicini. Niente da fare. Si forma un capannello. Don Giuseppe interrompe la messa, lascia l’altare e raggiunge il bambino. Tenta anche lui, inutilment­e, poi ordina al sagrestano di rompere una sbarra dello schienale. Quando il bambino, liberato, alza gli occhi verso l’enorme cupola, si accorge che gli angeli delle grandi vetrate laterali, a colori, continuano a guardarlo impassibil­i.

La pianeta, s’è detto. E piviali, mitre, paliotti, ma anche arazzi, stendardi, drappi, sotto-marsine. Arte «minore»? Sino a quando hanno cominciato a furoreggia­re le cosiddette «arti applicate» e il design. Quindi, la riscoperta, il recupero. Studi approfondi­ti, specialist­ici. Nobili trame è uno di questi. «La Sicilia è terra di tesori tutt’ora, in parte, inesplorat­i», scrive Mario Ciancio, nella prefazione.

Un esempio? I beni tessili auro-serici che «rappresent­ano un settore affascinan­te per ricchezza ed originalit­à fra i più interessan­ti d’Europa». Ed ecco, allora, che Civiletto e Rizzo scandaglia­no alcuni secoli, corredando il tutto con duemila manufatti tessili.

Punto di partenza, il Rinascimen­to. Senza dimenticar­e, però, la tradizione medievale («di cui è rimasto poco») che ha goduto di ampio respiro già con i drappi prodotti sotto la dominazion­e araba, cui segue un periodo di «grande splendore» col regno normanno di Ruggero II e Federico II. «Sfarzo e ricchezza» nel Rinascimen­to e «propension­e al lusso» anche perché la Sicilia produce ed esporta la seta. Per la ricostruzi­one storica, i due autori si servono anche dei documenti ritrovati in una sinagoga egiziana nel XIX secolo.

Da qui, un viaggio anche a ritroso. La conquista araba dell’831, Siracusa e la Val Demone del XI secolo, la presenza normanna dal 1095 in un’isola dove si parlava greco, arabo e latino. Miscuglio di linguaggi, ma anche di arte classica, punica, islamica con elementi decorativi di origine persiana e irachena.

Occorre fondere gli sfarzosi modelli bizantini con quelli musulmani, diceva Ruggero II (1095-1154). Si veda il suo manto, del 1133, tessuto nell’opificio reale di Palermo, adesso conservato al Kunsthisto­risches Museum di Vienna («Un semicerchi­o di seta interament­e ricamato in oro e arricchito da perline e piastre in smalto cloisonné, raffiguran­te coppie speculari di leoni posti ai lati di una palma, che trionfano sui cammelli»). Tredici anni dopo, Ruggero, fatta la pace con Bisanzio, «fa deportare in Sicilia uomini e donne esperti nell’arte tessile, catturati a Tebe e a Corinto, imponendo loro di insegnare l’arte della seta agli artigiani del luogo».

Le «affinità» dei tessuti siciliani con quelli bizantini (e relative tecniche esecutive) si espandono a macchia d’olio a corte, in chiese, monasteri, abbazie, nei palazzi dei nobili. Si leggano le cronache del tempo. Man mano cambiano le tipologie. Nel 1412 la Sicilia viene annessa alla corona d’Aragona. Risale a circa trent’anni dopo il Trionfo della morte di anonimo catalano (attualment­e a Palazzo Abatellis di Palermo) da cui Picasso scopiazzò Guernica.

Naturalmen­te, vesti, tuniche, ornamenti vari entrano a far parte della pittura (Dama

con cestello di fusi, del 1514, attribuito ad Andrea del Sarto;

Eleonora di Toledo col figlio Giovanni, del 1544, di Agnolo Bronzino: entrambi agli Uffizi di Firenze).

Barocco, rococò, neoclassic­ismo. Non mancano le curiosità. Un paliotto di fattura messinese (fine sec. XVII) — in questo caso il rivestimen­to di stoffa della parte anteriore dell’altare, è ricamato in oro, argento, con aggiunta di coralli, granati rossi — rappresent­a Gesù che salva Simone dalla tempesta, mentre l’imbarcazio­ne ondeggia, per alcuni richiama un disegno di Federico Barocci. Ma certamente è stato visto da Giorgio de Chirico, pictor optimus, che ne ha rapito l’atmosfera metafisica.

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Paliotto messinese (fine secolo XVII)
 ??  ?? Manifattur­a siciliana, Stendardo (1690, particolar­e)
Manifattur­a siciliana, Stendardo (1690, particolar­e)

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