Nigra fece l’Italia con le armi (della seduzione)
Franca Porciani firma una biografia (Rubbettino) del diplomatico che fu braccio destro del conte di Cavour
È un peccato che siano andate perdute le Memorie di Costantino Nigra, che fu il più stretto collaboratore del conte di Cavour. Anche se opere del genere rispecchiano sempre un punto di vista particolare (e a volte sono reticenti), quei ricordi sarebbero stati molto utili per saperne di più sul Risorgimento.
Ciò nonostante Franca Porciani, sfruttando le fonti disponibili, ha scritto una biografia vivace dell’accorto diplomatico, intitolata Costantino Nigra (Rubbettino) e introdotta da Franco Cardini. Un ritratto che ci parla non solo del diretto interessato, ma di tutta una classe dirigente, capace e spregiudicata, alla quale dobbiamo la creazione dello Stato unitario.
Nato nel 1828, Nigra era uno studente di bell’aspetto, intelligente e ambizioso, che a vent’anni si arruolò volontario per combattere gli austriaci nella Prima guerra d’indipendenza, rimanendo ferito a un avambraccio. Ma il suo destino era servire la causa italiana non sui campi di battaglia, ma nelle stanze riservate dei conciliaboli politici.
Nel 1851 entrò in diplomazia, quindi divenne il braccio destro di Cavour e gestì i delicati rapporti con la Francia di Napoleone III, sfruttando anche il fascino della contessa di Castiglione, divenuta l’amante dell’imperatore. Vinta la Seconda guerra d’indipendenza nel 1859, annesso il Sud dopo la spedizione dei Mille, Nigra fu segretario della luogotenenza a Napoli, dove capì che l’estensione rigida delle leggi vigenti in Piemonte alle regioni meridionali era un grave errore. Ma poté fare poco.
Morto Cavour, fu ambasciatore a Parigi, dove pare abbia avuto una relazione con l’imperatrice Eugenia: Franca Porciani approfondisce la questione e conclude che mancano prove sicure, ma certo fra i due vi fu «un legame che lasciò una traccia».
Poi Nigra passò a dirigere le ambasciate di San Pietroburgo, Londra, Vienna. Massone, elegante, signorile, cultore della letteratura raffinata come dei canti popolari piemontesi, lasciò il servizio nel 1904 e morì tre anni dopo. La sua fedeltà a Cavour si spinse fino al punto di recuperare e distruggere le lettere del conte all’amante Bianca Ronzani, dalle quali Nigra temeva uscisse incrinata l’immagine dello statista. Forse la medesima riservatezza è la ragione per cui oggi non disponiamo delle sue Memorie.